
Il 22 ottobre 2008 la vasta area del cagliaritano fu colpita da una terribile alluvione, il territorio più colpito quello di Capoterra.
Grande fu la devastazione causata dalla grande massa di acqua, fango e detriti che, da monte, che si riversò sino alla costa trascinando tutto ciò che incontrava nel suo passaggio.
Quattro persone persero la vita (una quinta morì a Sestu) con danni incalcolabili alle abitazioni e alle infrastrutture.
A distanza di 17 anni da quel tragico giorno Capoterra non ha dimenticato. «Sono passati 17 anni – ha detto ai microfoni di Radio Kalaritana, Federico Onnis Cugia, docente di Diritto agrario all’Università di Cagliari ed ex presidente della cooperativa di Poggio dei Pini di Capoterra – e si iniziano a vedere i primi segni di composizione delle ferite del territorio. All’epoca ero poco più che 18enne, ma quell’evento mi ha particolarmente segnato, soprattutto nella scelta di occuparmi del mio territorio».
«Si tratta – ha sottolineato Cugia – di un ambiente molto vulnerabile, per il quale c’è tanto ancora da fare, soprattutto sui corsi d’acqua minori e su una serie di interventi a monte. Nello stesso tempo, dopo anni, si vede però l’impegno delle amministrazioni pubbliche nel guarire queste ferite. Mi riferisco ai lavori sul rio San Girolamo e ai lavori sul lago di Poggio dei Pini. Quella del 2008 è stata una ferita importante per il territorio, che deve essere un monito per tutti coloro che si interessano alla cosa pubblica».
«Ciascun abitante di Capoterra – ha ricordato il docente – credo abbia la consapevolezza dell’importanza delle problematiche legate al territorio, connesse anche al cambiamento climatico. Dopo l’alluvione del 2008 ci sono stati altri due eventi estremi, ma minori, che hanno comunque causato danni al territorio, così come anche precedentemente al 22 ottobre 2008 ce ne furono altri, e nel territorio di Capoterra ci furono anche vittime».
«Il nostro ha concluso Onnis Cugia – è un territorio vulnerabile, nel quale si inizia a vedere qualche miglioramento ma non bisogna abbassare la guardia».
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