
In Sardegna cresce l’attenzione verso la figura dell’amministratore di sostegno, una risorsa fondamentale per affiancare le persone più fragili nella gestione della loro quotidianità. Grazie all’impegno del Corpo di San Lazzaro, organizzazione attiva a livello internazionale e presente anche sul territorio regionale, sono stati avviati percorsi di formazione e sensibilizzazione aperti a cittadini, familiari e operatori del sociale. A spiegarne l’importanza, Giovanni Di Grezia, coordinatore regionale del Corpo di San Lazzaro.
In cosa consiste la figura dell’amministratore di sostegno?
L’amministratore di sostegno è una figura giuridica introdotta dalla legge 6 del 2004 per affiancare persone in condizioni di fragilità fisica o mentale nella gestione della vita quotidiana. Viene nominata dal giudice tutelare e può essere un familiare o una persona esterna di fiducia. Si occupa di aspetti economici, legali e sanitari, con un approccio che unisce competenze tecniche a una forte componente di empatia e sensibilità.
Perché questa figura è importante nel contesto attuale?
Oggi più che mai, l’amministratore di sostegno è essenziale perché non si limita a gestire le pratiche burocratiche o amministrative. È un accompagnatore che mette al centro il progetto di vita della persona, valorizzandone la dignità, le risorse, i bisogni e l’autonomia. In molte famiglie la mancanza di conoscenza di questa figura genera isolamento e difficoltà pratiche, perciò è fondamentale promuoverla e diffonderla.
Qual è il ruolo del Corpo di San Lazzaro in Sardegna su questo tema?
Questa organizzazione è attiva nel promuovere la conoscenza di queste figure. Da due anni abbiamo avviato percorsi gratuiti di formazione rivolti soprattutto ai familiari che si trovano improvvisamente a dover assumere questo ruolo. Offriamo una formazione pratica con strumenti giuridici, amministrativi, economici e relazionali per svolgere questo ruolo con competenza e umanità, partendo dai bisogni concreti delle famiglie.
Quali sono le principali difficoltà riscontrate sul territorio regionale?
Una delle criticità maggiori è la mancanza di un registro regionale ufficiale degli amministratori di sostegno. Questo rende difficile per i giudici valutare la preparazione delle persone candidate, che spesso sono avvocati o professionisti legali, ma non sempre possiedono la sensibilità umana e relazionale necessaria. È fondamentale formare anche i familiari, che conoscono profondamente il beneficiario e possono offrire una tutela più efficace e personalizzata.
Come si articola il corso di formazione che proponete?
Il corso dura tre giornate, ognuna dedicata a un ambito specifico. La prima riguarda la parte legale, la seconda gli aspetti economico-fiscali, e la terza si concentra sull’aspetto psicologico e relazionale, con un focus su empatia, comunicazione e centralità del progetto di vita. Abbiamo collaborato con l’Ordine degli psicologi, Europe Direct e altre realtà di carattere istituzionale per offrire un percorso completo.
Qual è l’impatto che questa formazione ha avuto finora?
Le persone che hanno partecipato hanno acquisito competenze tecniche ma anche una maggiore consapevolezza del proprio ruolo. Si sentono meno sole e più preparate ad affrontare le responsabilità. Le famiglie diventano più forti e coese e anche le istituzioni, come Comuni e Assessorati ai Servizi Sociali, ci sostengono. Cerchiamo così di promuovere un cambiamento culturale nel modo di approcciare la fragilità.
Cosa è necessario fare per diventare amministratore di sostegno?
Si presenta un’istanza al tribunale, poi il giudice valuta e nomina. Spesso viene scelto un familiare o una persona di fiducia. Chi vuole essere formato può rivolgersi alla nostra organizzazione. Il nostro obiettivo è proprio quello di formare queste figure, affinché siano pronte ad affrontare questo ruolo nel modo migliore.
Maria Chiara Cugusi (Articolo apparso sul Kalaritana Media del 22 giugno)
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