
La delegazione diocesana presente all’ordinazione episcopale di monsignor Giuseppe Spiga
Si è concluso a Grajaú in Brasile il rito di ordinazione episcopale di monsignor Giuseppe Luigi Spiga, presieduto dal cardinale Arrigo Miglio. Accompagnato dalla sua famiglia, arrivata nel Sud America da Serramanna e da una delegazione diocesana composta da diversi sacerdoti, ora il nuovo vescovo proseguirà la propria missione in quel Paese che tanto ama e dove opera dal 2008, con la responsabilità di questa nomina comunicata da papa Francesco lo scorso febbraio.
«Non lasciatemi solo – ha affermato monsignor Spiga in un messaggio rivolto alla diocesi di Cagliari qualche ora prima del rito – accompagnatemi con la preghiera».
Il ministero di don Giuseppe si è articolato in diversi ambiti della vita diocesana: dalla formazione nei seminari minori e maggiori, alla pastorale nelle parrocchie di San Giorgio a Donori e Santa Lucia a Barrali, fino all’impegno sociale come direttore della Pastorale sociale e del lavoro. Ogni esperienza, ogni tappa, ha contribuito a formare un sacerdote dal cuore aperto, attento ai bisogni delle persone e capace di ascolto autentico. Ma forse la svolta più profonda arriva con la partenza per il Brasile, nella diocesi di Viana, nel 2008. Lì don Giuseppe si reca come fidei donum, rispondendo a una chiamata missionaria coltivata da tempo.
«Non sarò un vescovo da scrivania» – ha detto. Il suo desiderio è essere un Pastore tra la gente, presente, vicino, capace di ascolto. E per questo si affida ancora una volta ai laici, che considera «le braccia, i piedi, la preghiera del vescovo».
Il cardinale Arrigo Miglio nella sua lunga omelia, pronunciata in portoghese, ha esordito ringraziando e salutando la diocesi di Grajaù e il «nuovo vescovo – ha detto – che in questo giorno ho la gioia e l’onore, insieme agli altri vescovi presenti, di inserire nella successione apostolica della Chiesa Cattolica attraverso l’ordinazione episcopale. È una grande gioia stare in mezzo a voi».
Tutta la Sacra Scrittura ci dice che la Parola di Dio corre attraverso i tempi e attraverso il mondo, corre veloce, perché l’amore di Dio vuole raggiungere ognuno di noi e ha fretta di farci sentire vicino il suo amore, di salvarci dal male, dal peccato e dalla morte, di orientare il nostro cammino verso la nuova Gerusalemme.
«Essere discepoli di Gesù – afferma il cardinale nell’omelia – vuol dire essere missionari, per condividere la luce e la gioia della sua Parola con coloro che non la conoscono o l’hanno dimenticata, ma anche per scoprire sempre di più le ricchezze della Parola di Dio attraverso la fede delle diverse comunità cristiane che incontriamo. “Misit me servire” mi ha inviato a servire – prosegue – sono le parole che don Giuseppe ha scelto, insieme con il suo stemma episcopale, per riassumere e caratterizzare il significato profondo della nuova missione che gli viene affidata, un servizio che manifesta il Servizio donatoci da Gesù: “Io sono in mezzo a voi come colui che serve”; Gesù Figlio di Dio si è abbassato assumendo la condizione di Servo. È un servizio che libera e rende liberi, il servizio del Pastore che porta sulle sue spalle la pecora smarrita, ferita, scoraggiata, e ci dona il suo esempio e il suo Spirito perché tutti noi possiamo essere nella nostra società servi come Gesù, portando i pesi gli uni degli altri, portando i nostri fratelli feriti come ha fatto il buon Samaritano, l’altra icona che Gesù ci ha donato per aiutarci a comprendere la sua missione e la nostra. Con Maria cantiamo al Signore che ha guardato l’umiltà della sua Serva».
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