
Il tribunale di Sassari
Tredici dei quattordici cittadini nigeriani fermati a Sassari con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso e traffico internazionale di droga resteranno in carcere. Lo ha deciso il giudice per le indagini preliminari Gian Paolo Piana, che ha rigettato le richieste delle difese sulla presunta nullità del fermo per mancata traduzione in inglese.
Il gip ha ritenuto che gli indagati, residenti in Italia da tempo e impiegati in attività a contatto col pubblico, avessero piena comprensione della lingua italiana. Per una sola indagata sono stati concessi gli arresti domiciliari.
L’inchiesta, avviata nel 2018 e condotta da diverse questure italiane con il coordinamento operativo a Sassari, ha portato nei giorni scorsi al fermo di 30 persone, tutte di origine nigeriana, in diverse località del territorio nazionale.
Secondo gli inquirenti, al centro del sistema criminale vi sarebbe stata una struttura mafiosa denominata “Supreme Viking Confraternity”, attiva nel traffico di droga tra la Sardegna, il resto d’Italia, altri paesi europei, la Mauritania e la Nigeria. L’organizzazione avrebbe avuto ramificazioni e contatti su più livelli, agendo con modalità proprie delle cosche mafiose.
I legali degli indagati – Carlo Pinna Parpaglia, Elisabetta Udassi, Francesco Sasso, Adina Barbu e Giuseppe Onorato – annunciano ricorso, contestando la mancata traduzione del provvedimento e l’insussistenza dei presupposti per l’associazione mafiosa.
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