
La mobilità umana come una risorsa per l’intera comunità e la necessità di promuovere una cultura del “Noi”, al centro dell’evento organizzato dalla Chiesa di Cagliari, attraverso la Caritas diocesana, e dal Comune di Quartu Sant’Elena nell’ambito del SAI (Sistema accoglienza e integrazione) San Fulgenzio, in occasione della Giornata mondiale del rifugiato indetta dall’ONU.
«Il SAI si regge sul “Noi” – ha detto don Marco Lai, direttore Caritas – Siamo qui per affermare la cultura dell’accoglienza, con il coinvolgimento dell’intera cittadinanza e delle istituzioni». Sullo sfondo, la necessità di uno sguardo diverso verso la mobilità umana, «calandoci in quel mondo da cui la mobilità umana forzata parte, per superare i pregiudizi, capirne le cause e le motivazioni. Una mobilità causata da guerre, conflitti, crisi climatiche che deve essere affrontata come un fenomeno strutturale, oltre la logica emergenziale».
«Da anni lavoriamo su questa tematica con entusiasmo – ha detto il Sindaco di Quartu Sant’Elena Graziano Milia – perché crediamo fortemente nei valori dell’accoglienza. La nostra città è storicamente un luogo solidale e accogliente. Oggi più che mai, in un contesto globale sempre più complesso, è fondamentale partire dalle comunità locali, che spesso possono fare molto più di quanto riescano a fare i governi. L’integrazione reale deve essere l’obiettivo finale – ha aggiunto -. I numeri ci mostrano una Sardegna che si depaupera demograficamente: essere accoglienti può diventare anche un’opportunità e una risorsa per la nostra regione e per le realtà locali».
Ad accogliere l’iniziativa lo spazio Michelangelo Pira, recentemente riaperto, frutto di una co-progettazione condivisa e di cittadinanza attiva, punto di riferimento per l’intera comunità. «Questo è il luogo del dialogo e dell’incontro – ha aggiunto il sindaco – . In un momento storico caratterizzato da ansie e timori, vogliamo trasformare la paura in qualcosa di positivo, attraverso il confronto e la conoscenza reciproca».
Un modello, il SAI, che rappresenta una “seconda accoglienza”, che punta a favorire una reale inclusione sociale e lavorativa delle persone accolte. «Il progetto, attivo dal 2014 – spiega Lorena Cordeddu, dirigente politiche sociali del Comune di Quartu Sant’Elena- non si limita all’accoglienza materiale ma comprende servizi fondamentali come la mediazione linguistica e culturale, l’orientamento, la formazione, la riqualificazione professionale e l’accompagnamento legale. È un modello di integrazione diffuso sul territorio, con appartamenti dislocati in città, che ospitano fino a 28 persone in piccoli gruppi, favorendo così l’autonomia e la vita quotidiana comune».
Tra i punti di forza una équipe multidisciplinare: «L’obiettivo – spiega la coordinatrice SAI Gabriella Serra – è preparare questi giovani ad affrontare la vita quotidiana con autonomia, offrendo un supporto integrato che comprende l’apprendimento della lingua italiana, l’assistenza psicologica e sociale, il sostegno legale, l’educazione e l’inserimento lavorativo».
Nell’ambito del SAI sono stati attivati percorsi formativi e tirocini. Tra i primi, quello con l’Accademia del Buon Gusto a cui hanno partecipato una decina degli ospiti. «Abbiamo scelto il cibo come lingua universale di solidarietà» – spiega Mauro Tuzzolino, socio e direttore dell’Accademia del Buon Gusto -. Attraverso la cucina, abbiamo creato non solo opportunità professionali, ma anche occasioni di crescita personale e relazionale, fondamentali per inserirsi attivamente nel nostro tessuto sociale».
Presenti anche Enrico Porru, direttore ufficio diocesano Migrantes, Fabrizio Cavalletti (Caritas Italiana), Giuseppe Frau, vicepresidente del Consiglio regionale, Fabrizio Selis vicequestore e dirigente ufficio immigrazione Questura, Enzo Floridia, della commissione territoriale di Cagliari. A conclusione dell’iniziativa la consegna degli attestati.
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