Cronaca

Cicloturismo e quotidianità in sella, nel nord dell’isola mancano gli investimenti Alghero e Sassari gli esempi principali delle opportunità mancate

La Sardegna sogna di diventare una destinazione d’eccellenza per il cicloturismo. Lo dicono i piani regionali, i fondi europei destinati alle infrastrutture leggere, i progetti di promozione del turismo attivo. L’Isola avrebbe, infatti, tutte le carte per attrarre viaggiatori su due ruote, ma il ciclo turismo cresce, è nella mobilità quotidiana e urbana che il sistema si inceppa.

La situazione al nord

Nei territori del nord-ovest, da Alghero a Sassari, la bicicletta resta spesso confinata alla sfera del tempo libero o dell’evento sportivo, mentre chi vorrebbe usarla per spostarsi ogni giorno fa i conti con infrastrutture carenti, discontinuità, chiusure improvvise e, in molti casi, vere e proprie barriere. Da una parte il Nord Europa continua a investire in modo intensivo sulla bici come asse portante della mobilità urbana, favorita da infrastrutture solide, dall’altra invece, in Sardegna ci si limita ancora a interventi isolati, non integrati da una visione strategica. Alghero è da anni uno dei territori più attivi nella promozione del cicloturismo: percorsi costieri, bike hotel, noleggio e tour guidati. Ma il recente caso della chiusura del tratto ciclabile che da Fertilia porta alle spiagge de Le Bombarde e del Lazzaretto racconta una contraddizione profonda, simbolo di una pianificazione deficitaria. Nonostante nell’Isola Alghero sia considerata la città della bicicletta, i percorsi sono pensati e ideati per una fruizione prettamente turistica. I progetti dedicati al «bike to work» e «bike to school» sono stati dimenticati, le richieste di rastrelliere nelle scuole sono cadute nel vuoto, le ultime ciclabili realizzate sono quelle lungo il lido. «Comprendiamo – sottolinea Gavino Canu, guida cicloturistica – che dietro la chiusura della ciclabile verso le Bombarde ci siano motivazioni tecniche e questioni di competenza ma non si può arrivare a giugno con le ciclabili chiuse o prive di manutenzione. La ciclabilità non è solo una pista: è una rete, una visione, una cultura della mobilità urbana. Serve una regia, una programmazione, un rispetto per chi sceglie di muoversi in modo sostenibile, sia esso turista o residente».

Il quadro sassarese

Spostandosi a Sassari, il quadro non migliora. La seconda città dell’Isola per abitanti potrebbe essere un laboratorio perfetto per la mobilità dolce. Invece, le poche piste esistenti sono frammentarie, mal segnalate e spesso ostacolate dal parcheggio selvaggio. La bicicletta resta un mezzo secondario, senza riconoscimento nella gerarchia della viabilità cittadina. Nessun piano strutturato, scarsi incentivi, zero integrazione con i trasporti pubblici. In pratica, chi vuole pedalare a Sassari lo fa a suo rischio e pericolo, spesso relegato ai marciapiedi o alla carreggiata, tra clacson di automobili e numerosi pericoli. Ciò che distingue le città bike-friendly del Nord Europa non è solo la quantità di chilometri ciclabili, ma la qualità dell’approccio: sicurezza, segnaletica, manutenzione costante, parcheggi sicuri e incentivi economici. In queste realtà, pedalare è considerato un diritto urbano, da noi, ancora una stranezza. La bici è giustizia sociale: è accessibile, non inquina, promuove la salute pubblica, ma se manca la volontà politica, se chi pedala viene penalizzato invece che tu telato, il messaggio è chiaro: la sostenibilità è solo una parola vuota. Non basta parlare di mobilità o distribuire mezzi leggeri se poi mancano i percorsi, la manutenzione, l’attenzione. Serve una regia condivisa tra enti, con un calendario di lavori chiaro e una strategia a lungo termine. È tempo che la bicicletta smetta di essere il mezzo dei margini e diventi, finalmente, parte centrale della nostra idea di città.

Erika Pirina (Articolo pubblicato su Kalaritana Avvenire del 20 luglio)

 


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