
Si è concluso martedì scorso “Le mani in pasta”, il percorso formativo che ha coinvolto quattro detenute della Casa Circondariale di Uta, offrendo loro nuove competenze professionali e una prospettiva di vita alternativa grazie alla cucina tradizionale sarda. Promossa dall’associazione Socialismo Diritti Riforme (SDR), l’iniziativa ha unito professionalità, passione e inclusione.
Guidate dalla chef Laura Sechi e dalla pasticcera Luisa Deligia, le partecipanti hanno imparato a preparare malloreddus, culurgiones, panadas e dolci tipici, acquisendo anche competenze fondamentali per lavorare in cucina: collaborazione, rispetto dei ruoli e rigore nei protocolli igienico-sanitari. Il percorso è stato completato con il supporto del consulente Alberto Manca, che ha permesso alle partecipanti di ottenere l’attestato HACCP.
«Non si è trattato solo di imparare a fare la pasta – spiega Maria Grazia Caligaris, presidente di SDR – ma di offrire una nuova visione del futuro, basata su competenze reali, dignità e concrete possibilità di reinserimento lavorativo. Le ragazze hanno dimostrato serietà, abilità manuali e un forte spirito imprenditoriale»
Inizialmente previsto in cinque incontri, il corso si è esteso a otto appuntamenti tra marzo e luglio 2025, grazie all’entusiasmo delle partecipanti. «Un’esperienza umanamente e professionalmente ricca – racconta Laura Sechi –. Ho visto in loro motivazione, curiosità e una sincera voglia di costruire un futuro diverso»
La chiusura del progetto è stata celebrata con un evento finale alla presenza del direttore del carcere Pietro Borruto, della responsabile dell’Area Educativa Giuseppina Pani, della vice comandante Valeria Porcu e dei partner coinvolti. Le detenute hanno presentato un menù completo con ravioli campidanesi, culurgiones fritti, panadas con salsiccia, raviolini dolci al miele e una torta al cacao.
Tra gli ospiti, anche rappresentanti delle aziende sostenitrici, attraverso la Fondazione di Sardegna, e volontarie di SDR.
«La risposta delle ragazze è stata straordinaria – concludono Sechi e Deligia –. Speriamo che iniziative come questa possano moltiplicarsi, offrendo strumenti concreti per un futuro libero, dignitoso e autonomo»
Soddisfazione anche da parte del direttore Borruto e della responsabile Pani, che riconoscono in “Le mani in pasta” un esempio virtuoso di formazione capace di andare oltre la pena, restituendo dignità e opportunità reali di riscatto.
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