
Paolo Fresu sul palco di Piazza del Popolo a Berchidda | Foto Paolo Soriani/Ufficio stampa Time in Jazz
Un paese che diventa un laboratorio umano. Un senso di comunità che lascia spalancate le porte a chi arriva per ascoltare, interrogarsi, dialogare. Berchidda si prepara ad accogliere, ad agosto, la XXXVIII edizione del festival Time in Jazz, diretto, come accade dal 1988, da Paolo Fresu.
L’intervista
«Nelle ultime quattro edizioni – racconta Fresu – abbiamo scelto dei temi consequenziali. Siamo partiti da “Rainbow”, in cui parlavamo di diversità e uguaglianza e passati a “Futura”, richiamando Lucio Dalla, in cui volevamo dare attenzione alle nuove generazioni e alle donne. L’anno scorso è stata la volta di “A Love Supreme”, da un disco di John Coltrane, per parlare d’amore in senso totale. Quest’anno partiremo, invece, da Louis Armstrong e dalla sua “What a Wonderful World”. Viviamo un momento buio della storia, vogliamo provare a dare un’iniezione di positività nei confronti del prossimo. Il tema si lega bene anche al nostro Time to Children, dedicato ai più piccoli. Vale per tutte le generazioni».
Dal 8 al 16 agosto ci sarà così spazio per mettere in circolazione un messaggio universale. «L’idea – continua il trombettista – è che la musica possa continuare a viaggiare per il mondo, possibilmente colorandolo. Il festival ha sempre avuto una forte funzione sociale, anche politica nel senso più ampio del termine. Un evento come il nostro deve occuparsi di coinvolgere le persone attorno ai temi del presente, la musica non è solamente un bell’oggetto d’arredo». Un approccio che vale anche per il luogo da cui tutto parte, per i 15 comuni coinvolti nella manifestazione e per quella Sardegna che stravolge, anche attraverso la musica, un’abitudinaria narrazione da rovesciare. «Un festival che si svolge in un luogo come Berchidda – spiega Fresu – non può non porsi il problema del dove ci si innesta. Tutti i temi importanti di cui parliamo vanno affrontati in una nuova misura. Lo stiamo facendo anche con Insulae Lab, il Centro di Produzione del Jazz delle isole del Mediterraneo. Portiamo tutto avanti attraverso i professionisti che lavorano al festival e ai 120 volontari che arrivano da tutta Italia e dall’estero. Qui capovolgiamo quell’idea di Sardegna che la vuole come isolata. In quei giorni il paese è il centro del mondo e questo dimostra quanto il linguaggio della musica sia capace di riscrivere la geografia dei nostri territori».
Una musica che cambia e che ha bisogno anche di nuovi appassionati. Uno dei motivi che spinge Time in Jazz a rinnovarsi continuamente. «Il jazz – prosegue l’artista – è la musica più spugnosa che esista. Sarà un festival che propone forme più acustiche e quelle più nuove, seguite dalle nuove generazioni. A Berchidda si ripete una sorta di esperimento sociale. Non so se potremo ricreare quella che era una sorta di Woodstock della Sardegna, ma l’idea di attirare i giovani attraverso la musica – conclude Fresu – rimane un obiettivo fondamentale».
Matteo Cardia (Articolo apparso su Kalaritana Avvenire del 6 aprile 2025)
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