
Una persona senza fissa dimora (Foto Calvarese/SIR)
La Sardegna si conferma tra le regioni italiane più colpite dalla povertà relativa, con un tasso del 15,9% e circa 118mila famiglie coinvolte, pari a 270mila persone.
Lo rilevano i dati Istat 2023, secondo cui l’Isola si colloca al settimo posto a livello nazionale.
Il fenomeno, sottolineano le Acli regionali, è aggravato dall’inflazione che ha eroso il potere d’acquisto soprattutto per beni alimentari, utenze e abitazione.
Preoccupante anche il dato sulla povertà assoluta, che riguarda il 10,5% delle famiglie – circa 180mila persone – superando la media nazionale e risultando particolarmente grave nelle aree interne.
Una condizione che, oltre a compromettere i bisogni primari, incide sull’accesso ai servizi e alla vita sociale.
Le difficoltà emergono anche sul fronte del tempo libero: per molte famiglie, le colonie estive e i servizi per i figli sono fuori portata, mentre il rincaro dei servizi balneari – fino a 60 euro al giorno – crea una vera e propria «povertà da vacanza».
La disponibilità di spiagge libere e gratuite resta quindi una risorsa da preservare.
Secondo le Acli, la povertà in Sardegna ha caratteristiche precise: colpisce soprattutto donne e persone tra i 40 e i 50 anni, in piena età lavorativa; è legata a bassa scolarità, scarsa qualificazione professionale, disoccupazione o lavoro povero e si intreccia con il problema dell’abitazione.
Il presidente regionale Mauro Carta evidenzia che per affrontare la povertà non bastano sussidi economici: serve agire sulle condizioni sociali, psicologiche e relazionali delle persone, rafforzando il «capitale sociale» delle comunità.
La riduzione delle disuguaglianze, ha spiegato, passa anche dalla garanzia di opportunità formative e lavorative e dalla salvaguardia di esperienze gratuite accessibili a tutti.
In questo quadro si inserisce il Reddito di Inclusione Sociale sardo (ReIS), introdotto nel 2016 e destinato a circa 27mila famiglie.
La misura, integrata nel tempo con strumenti nazionali come il Reddito di Cittadinanza e l’Assegno di Inclusione, ha garantito sostegni economici e in alcuni casi progetti di inclusione, ma senza un impatto significativo sulla tendenza generale.
Per le Acli, è ora necessario rilanciare la programmazione del welfare sociale a livello locale, riattivando i processi degli ambiti Plus, integrando politiche educative, formative, occupazionali e di sviluppo economico, rafforzando il ruolo dei comitati di garanzia della legge ReIS e avviando co-progettazioni con il Terzo Settore.
L’obiettivo è individuare soluzioni innovative che, in sinergia con le misure nazionali, possano invertire la rotta.
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