
In un sistema sanitario sempre più messo a dura prova da crisi e tensioni spesso alimentate da dibattiti etici complessi come quelli legati al fine vita, la Chiesa di Cagliari offre un momento di incontro e riflessione per riscoprire e valorizzare l’umanità che deve restare al centro della cura. Venerdì 12 settembre, alle 18, l’Aula magna del Seminario arcivescovile sarà la cornice del convegno dal titolo «La sanità tra disagio e speranza. Per l’infinita umanità rinasca in esultanza la speranza», promosso e organizzato dall’Ufficio diocesano per la Pastorale della salute.
L’iniziativa si inserisce nel più ampio contesto del Giubileo, con un riferimento specifico e particolare all’articolo 19 della Bolla di indizione dell’Anno Santo «Spes non confundit». L’obiettivo dell’evento è quello di offrire una chiave di lettura capace di andare oltre le difficoltà del presente, aprendosi a una visione che, anche nella fragilità, sappia scorgere una speranza concreta, radicata nella forza del Vangelo e nella testimonianza di fede. Protagonisti del convegno saranno tre relatori, ciascuno portatore di un’esperienza intensa e complementare. Suor Rita Lai, teologa e docente alla Pontificia facoltà teologica della Sardegna, aprirà l’incontro con un intervento dallo spiccato taglio pastorale, collegando la riflessione al cammino spirituale proposto dal Giubileo della Speranza. «Il convegno – spiega suor Lai – si inserisce nell’impegno della nostra Chiesa, attraverso l’Ufficio e la Consulta diocesana di pastorale sanitaria, su una tematica fondamentale, che è quella della tutela della vita in ogni situazione, dal concepimento fino alla fine della nostra esistenza terrena. Parlare di speranza in ambito sanitario significa non chiudere gli occhi di fronte al disagio, ma osare, guardare oltre, mettere la persona al centro e proteggerne la dignità anche nelle situazioni più complesse, talvolta segnate da conflittualità e incomprensioni». Significativo anche il sottotitolo scelto per questo convegno «che porta in sé – aggiunge la teologa suor Lai – un valore molto attuale: si tratta di una citazione un po’ parafrasata di un passaggio del secondo atto della Turandot che recita: “Nella cupa notte vola un fantasma iridescente, sale e dispiega l’ale sulla nera infinita umanità”. La “cupa notte” è proprio la metafora del momento storico che stiamo vivendo, un tempo di buio, segnato da conflitti, divisioni. Ma anche nella cupa notte c’è un “fantasma iridescente” che illumina l’oscurità, che richiama appunto la speranza. Il Magistero della Chiesa trova riscontro nella vita concreta dei fedeli. E proprio da questo incrocio tra parola e vita nasce la speranza cristiana: non un’illusione, ma una forza per affrontare il presente e aprirsi al futuro».
Accanto a lei interverrà il dottor Stefano Marroccu, medico dell’Asl di Nuoro e volontario Oftal, che da oltre vent’anni convive con la sclerosi multipla. La sua sarà una testimonianza che si preannuncia toccante e caratterizzata da profonda autenticità. «Affrontare una malattia personalmente – spiega Marroccu – dà un valore aggiunto alla mia professione. Il paziente è prima di tutto una persona che deve essere curata nella sua integralità. Un approccio olistico, che affronti anche le problematiche psicologiche, emotive e sociali legate alla malattia, è indispensabile». Oggi Marroccu svolge la sua attività di medico di base a Desulo, piccolo centro della Barbagia. «Curare in periferia è fatica, ma anche bellezza. Lì il medico diventa parte della comunità», afferma.
La terza voce del convegno sarà quella della dottoressa Barbara Usai, medico rianimatore al Policlinico universitario di Cagliari, con una lunga esperienza maturata anche all’interno del Pronto soccorso dell’ospedale Brotzu. «Oggi – spiega –c’è un conflitto diffuso tra cittadini e sanitari. Ma la vera svolta sarà passare da una sanità che cura la malattia a una che si prende cura della persona». Il suo intervento porrà l’accento sull’umanizzazione delle cure, sul rispetto dei tempi e sulla necessità di valorizzare il ruolo degli operatori sanitari. «Non possiamo – prosegue Usai –chiedere umanità se prima non la garantiamo agli stessi sanitari». La dottoressa richiamerà inoltre ai partecipanti al convegno l’importanza di ricostruire un’alleanza terapeutica solida tra medico, paziente e familiari, superando la logica difensiva e il clima di sospetto. «Il cittadino – dice – non deve essere un avversario, ma un alleato. La relazione e la fiducia sono la prima medicina». A introdurre i lavori sarà don Marcello Contu, direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale della salute, mentre la moderazione dell’incontro sarà affidata a Maria Luisa Secchi, direttrice dell’Ufficio diocesano delle comunicazioni sociali. Le conclusioni del convegno saranno curate dall’arcivescovo monsignor Giuseppe Baturi.
Maria Chiara Cugusi (Articolo apparso su Kalaritana Avvenire del 7 settembre)
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