
Manuela Murgia in una foto di repertorio
C’è una nuova svolta nell’inchiesta sulla morte di Manuela Murgia, la ragazza di 16 anni trovata senza vita il 5 febbraio 1995 nel canyon di Tuvixeddu, a Cagliari. Le analisi sugli indumenti che la giovane indossava al momento del decesso hanno infatti rilevato la presenza di Dna maschile.
Gli esami, avviati il 7 luglio scorso, hanno riguardato circa ottanta campioni. Secondo quanto emerso, in uno su quattro sarebbe presente materiale genetico riconducibile a un uomo. Si tratta però di risultati ancora preliminari: i reperti dovranno essere ulteriormente amplificati e tipizzati, così da consentire un confronto più preciso. Solo allora sarà possibile formulare ipotesi sull’identità a cui apparteneva quel Dna. Al momento, spiegano gli esperti, non si può escludere nemmeno il rischio di contaminazioni avvenute nel tempo.
Le tracce sono state trovate soprattutto su jeans e giubbotto della vittima, ma anche su reggiseno e slip. Un dettaglio che, se confermato, potrebbe aprire nuove piste investigative su un caso che da trent’anni divide opinione pubblica e inquirenti.
Ad oggi, l’unico indagato resta l’ex fidanzato di Manuela, oggi 54enne, accusato di omicidio. L’ombra di un possibile coinvolgimento di altre persone, tuttavia, torna a farsi strada con forza. Le analisi in corso potrebbero dunque rivelarsi decisive per riaprire scenari che si pensavano ormai cristallizzati.
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