L'intervista

Rossi (UniCa): «L’UE rimane l’unico baluardo, ma servono velocità e prese di posizione» L'intervista al coordinatore del corso di Relazioni Internazionali dell'Università degli Studi di Cagliari

Dopo il discorso sullo Stato dell’Unione del 10 settembre scorso tenuto dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, a Bruxelles i lavori non si sono fermati. Con anche una nuova strigliata da parte dell’ex primo ministro italiano ed ex presidente della BCE Mario Draghi che ha dato una nuova strigliata all’istituzione e a chi la compone, a un anno proprio dal Rapporto che porta il suo nome. Con sullo sfondo una situazione internazionale che vede l’Europa costretta ormai a prendere decisioni nette, sia sul fronte ucraino che su quello israelo-palestinese. Ai nostri microfoni è intervenuto sul tema il coordinatore del corso di Relazioni Internazionali dell’Università degli Studi di Cagliari, Christian Rossi.

Professore, partiamo dalle parole di Mario Draghi durante la conferenza tenutasi a un anno dalla pubblicazione del suo rapporto. «L’inazione dell’Unione Europea minaccia la sua sovranità», ha affermato l’ex premier italiano. Parole ancora una volta forti che sottolineano il momento delicato a Bruxelles. Come dobbiamo leggerle?

«Mario Draghi ha ripreso il report che aveva presentato lo scorso anno e ha avuto ragione nel darne una lettura come quella citata. L’Unione Europea è ferma, bloccata, ha un sistema di governance che probabilmente non è più adatto ai tempi di oggi, a una struttura a 27. E, soprattutto, non sta prendendo delle scelte a causa di questa impossibilità di decidere, specialmente in politica estera. Draghi ha poi parlato di Europa a due velocità. Una soluzione possibile in base ai trattati e attraverso la struttura dell’Euro, che è adottato solo da una parte degli Stati».

Il doppio binario non potrebbe rendere le cose ancora più complesse?

«Le potrebbe complicare, ma è vero che dipende da chi si mette al tavolo. Se all’interno di questo processo decisionale entrano gli Stati fondatori, più gli Stati del nucleo originario, più degli Stati volenterosi che vogliono andare avanti sul processo di integrazione europea, diventerebbe un piano meno complesso. Anche se resterebbe la complicanza di far accettare queste dinamiche ad altri Paesi, nonostante su più temi di fatto l’UE viaggi già a due velocità. Alcuni Paesi rimangono indietro perché non vogliono o perché preferiscono non partecipare ad alcune decisioni. Ma l’Europa ha necessità di andare avanti, anche perché rimane il nostro unico baluardo, come ha detto più volte negli ultimi tempi anche il Presidente della Repubblica Mattarella».

Un baluardo che vive però un frangente prolungato molto complesso in tema di politica estera. Da una parte la situazione in Ucraina e gli sconfinamenti russi in territorio UE, dall’altra parte la mancanza di scelte forti sul fronte israelo-palestinese, con la pressione dei cittadini europei che aumenta. Anche su questo fronte ci sarebbe necessità di un forte strappo rispetto al recente passato?

«Sono due situazioni diverse su cui l’Europa deve prendere delle decisioni. Israele ha da tempo superato le cosiddette linee rosse a Gaza e l’Europa deve prendere una posizione. Relativamente da poco, la Russia ha invece sconfinato in maniera più marcata. Qui chiamo nuovamente in causa il presidente Mattarella: siamo su un crinale. È una situazione pericolosa che molti cittadini europei non stanno considerando, per poca coscienza o perché non si pensa che la Russia possa essere un nemico. Ci vuole poco però per passare da una guerra non combattuta a una combattuta, come d’altronde è successo in Ucraina, anche se le situazioni sono diverse vista la presenza della Nato. Ma su questo tema vanno ricordate anche le parole del ministro Crosetto, che ha affermato che in questo momento in Italia non ci sarebbero le condizioni per difendersi da un attacco. Tutto questo ci pone in una situazione a dir poco scomoda».


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