
Il livello di una diga
La Sardegna ha sete. Non è più solo l’agricoltura a pagare il prezzo della siccità, ma anche i consumi domestici rischiano di entrare in crisi se l’autunno non porterà pioggia. I dati di settembre mostrano una situazione drammatica: nel Sassarese il Bidighinzu è a livello zero, il Cuga fermo al 4% e il Temo sotto le acque morte. Monte Leone Roccadoria non supera il 10%.
Il quadro non migliora nel Sulcis: il Medau Zirimilis è a secco, Punta Gennarta è all’11%, Monte Pranu al 24% e Bau Pressiu al 29%. «La situazione è indubbiamente problematica, dobbiamo sperare nella pioggia», osserva Marco Soriga, amministratore unico di Enas.
Anche altrove i livelli preoccupano: nel Tirso il rio Torrei è al 19%, in Baronia il Maccheronis al 18% e Pedra ‘e Othoni al 26%. Nel sistema Flumendosa-Campidano-Cixerri, il Mulargia è sceso al 7% e il Leni al 14%. Persino in Gallura, zona meno colpita, il Liscia è passato in meno di un mese dal 51,7% al 47%.
«Il sistema agricolo rischia di non reggere», denuncia Gavino Zirattu, presidente di Anbi Sardegna, che sollecita la Regione: «Da vent’anni non si fanno investimenti strutturali sull’acqua». Soriga, dal canto suo, rivendica i cantieri aperti sul Coghinas e annuncia manutenzioni straordinarie per il Sulcis, mentre si ragiona su un fondo regionale per le emergenze.
Il Maccheronis, ricorda, è nato come bacino di laminazione e si riempie rapidamente, ma non può garantire riserve stabili. E intanto, in tutta l’Isola, la grande sete continua a stringere la sua morsa.
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