
L’Università di Cagliari ha deciso di interrompere i rapporti con ricercatori, agenzie e istituzioni israeliane coinvolti o connessi alle politiche militari del governo di Tel Aviv, ritenuto responsabile del massacro del popolo palestinese.
La decisione è stata approvata dal Senato accademico quasi all’unanimità, con un solo voto contrario. Il documento prende posizione sull’invasione israeliana del 7 ottobre 2023, innescata dall’attacco di Hamas, che ha provocato decine di migliaia di vittime civili. Il testo richiama i valori di pace, giustizia, libertà e dignità umana e segnala il «plausibile rischio di genocidio», una definizione contestata da alcuni studenti che preferirebbero parlare di «genocidio» senza alcuna attenuante.
Tra gli impegni assunti dall’Ateneo c’è la creazione di corridoi umanitari per gli studenti palestinesi, in linea con le borse di studio previste dalla Regione Sardegna, e l’interruzione di ogni collaborazione con istituzioni israeliane e singoli ricercatori esplicitamente favorevoli alle azioni del governo di Tel Aviv.
Stop anche ai progetti di ricerca connessi al cosiddetto dual use, con applicazioni civili e militari, e la valutazione critica della partecipazione a futuri bandi bilaterali con Israele.
La posizione dell’Università appare più sfumata rispetto alle richieste del dipartimento di Fisica e di alcune associazioni studentesche, che avevano chiesto lo stop totale a ogni accordo presente e futuro con istituzioni israeliane.
Sul tavolo del Senato resta anche un’interrogazione di Unicaralis, che contesta la partecipazione dell’Ateneo al progetto europeo PlatinuMS, dedicato ai pazienti con sclerosi multipla, che coinvolge l’Università di Tel Aviv e il Ministero della Salute israeliano.
L’associazione solleva dubbi etici e chiede chiarimenti sui criteri che hanno guidato la collaborazione, sulla coerenza con i valori fondativi dell’Università e sulla necessità di esprimere vicinanza al popolo palestinese.
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