LA VISITA

Monsignor Baturi in Terra Santa: un segno di vicinanza concreta Il segretario generale della CEI accanto alle comunità ferite dal conflitto. La gratitudine del Cardinale Pizzaballa: «Una presenza che porta speranza». Annunciato un progetto per un ospedale a Gaza

In un tempo segnato da solitudine e abbandono, la vicinanza diventa un segno concreto di speranza. Lo ha sottolineato il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme, esprimendo profonda gratitudine alla Conferenza Episcopale Italiana per la visita di mons. Giuseppe Baturi, Segretario Generale della CEI e arcivescovo di Cagliari.

«In questo momento difficile di solitudine e di abbandono, sono importanti la vicinanza e la presenza: di questo vogliamo esprimere un sincero ringraziamento. Sappiamo che non sono visite scontate e sappiamo, come ci siamo detti in questi giorni, che tutto questo è vero e sentito. Lo abbiamo percepito in questi mesi da parte di tante Chiese italiane: una vicinanza reale» ha affermato il Patriarca.

La visita, che si è svolta dal 27 settembre fino a ieri, ha rappresentato un momento di ascolto, condivisione e presenza concreta nelle realtà locali, segnate da forti tensioni e da una crisi umanitaria crescente. Un itinerario fatto di incontri nei villaggi e di dialoghi con i sacerdoti riuniti in ritiro spirituale.

«Ci hanno detto di sentire il bisogno, e di essere grati, per questa empatia e vicinanza di cui hanno necessità, al di là dei progetti», ha riportato il Card. Pizzaballa.

Mons. Baturi ha definito il viaggio una “visita fraterna”, volta a trasmettere la solidarietà delle Chiese italiane alla comunità cristiana della Terra Santa.

«Una visita fraterna per comunicare alla Chiesa guidata dal cardinale Pizzaballa la solidarietà e la fraternità delle Chiese che sono in Italia», ha spiegato il Segretario Generale della CEI. «Vogliamo condividere nella fede la speranza di un mondo migliore, ma anche lo sdegno per una violenza ingiusta che calpesta la dignità dell’uomo».

Mons. Baturi ha quindi richiamato le parole espresse dal Consiglio Permanente della CEI a Gorizia: «È necessario che le ingiuste violenze si fermino, che siano liberati gli ostaggi e che cessino gli attacchi contro un popolo che non può essere punito in questo modo”.

Accanto alla testimonianza di solidarietà, la CEI ha annunciato il sostegno a un importante progetto umanitario, nato dalla collaborazione con il Patriarcato latino di Gerusalemme: la realizzazione di un ospedale all’interno della Striscia di Gaza.

«Stiamo condividendo delle iniziative, perché la fede, la denuncia e la speranza richiedono anche un aiuto concreto: stiamo lavorando con il Patriarcato latino di Gerusalemme a un grande progetto per l’apertura di un ospedale dentro Gaza» ha dichiarato Baturi. «C’è un problema sanitario molto serio e vogliamo farcene carico insieme al Patriarcato: è un impegno concreto, che vedrà mobilitate tante energie».

Il sostegno, ha aggiunto il Segretario Generale, si estenderà anche ad altre esigenze primarie delle comunità locali. «Vogliamo inoltre sostenere le famiglie, i parroci che ci hanno segnalato bisogni alimentari, ma anche di lavoro per i giovani, di case e di istruzione. Questa, in particolare, è energia di pace, perché forma la coscienza e apre al futuro. Vogliamo essere con queste comunità, con questa Chiesa, in un’amicizia di fede e di operatività».

Durante la missione è stata inoltre valutata la possibilità di organizzare un pellegrinaggio da parte dell’Episcopato italiano, come già avvenuto con alcune Conferenze episcopali regionali. «Vogliamo rilanciare il pellegrinaggio come pratica capace di stringere legami con le comunità, non solo di visitare i luoghi. Questo appello ci è venuto da tanti parroci, sia della Giudea che della Galilea. Faremo dunque un pellegrinaggio come Vescovi italiani e ne promuoveremo tanti altri: è una forma concreta di vicinanza e solidarietà» ha affermato mons. Baturi.

Un impegno che il Card. Pizzaballa ha definito segno tangibile di speranza, da alimentare non solo con le parole, ma con la costruzione di legami e progetti condivisi. «La speranza ha bisogno di gesti, di parole, ma soprattutto di un contesto dove si fa rete, dove si costruisce unità e comunità. Nei grandi contesti di dolore e sofferenza, c’è bisogno di avere qualcuno vicino che ti sostenga e ti aiuti. In questo senso, tutto ciò diventa un segno di speranza».

 

 


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