L'intervista

Rapporto GIMBE, Maxia (CIMO): «Situazione critica frutto di vari fattori» Il segretario regionale del sindacato dei medici ospedalieri ha parlato ai microfoni di Radio Kalaritana

I dati presentati dall’osservatorio Gimbe nell’ottavo rapporto sul Servizio Nazionale descrivono ancora una volta una situazione drammatica del comparto sanitario in Sardegna. Il 17% dei sardi, oltre 270mila persone, ha dichiarato di aver rinunciato almeno a una prestazione sanitaria. Un dato aumentato rispetto al 2023 del 3.5% e che contrasta con la media nazionale del 9.9%.

Dei numeri e della situazione nell’isola ha parlato ai microfoni di Radio Kalaritana il dottor Luigi Maxia, segretario regionale del CIMO (Coordinamento italiano medici ospedalieri).

Il quadro

«Quella che descrive l’osservatorio Gimbe è puramente la verità – afferma Maxia – Ci troviamo in una condizione di criticità elevata e sono tanti i motivi che hanno portato a questa situazione. C’è stata inizialmente una sottovalutazione del fatto che viviamo in un’isola molto estesa, con difficoltà negli spostamenti e oltretutto con una popolazione che drammaticamente invecchia. Sono nati meno di 8mila bambini l’anno scorso e ci troviamo ad avere il doppio di decessi – sottolinea il segretario del sindacato dei medici – La popolazione invecchia e si riscontrano maggiormente patologie prevalentemente croniche, ma sono presenti soprattutto persone con più di una patologia, che avrebbero bisogno di una medicina di prossimità. Invece nella nostra regione non abbiamo medici di medicina generale, né pediatri di base in maniera sufficiente».

Una situazione che si fa ancora più difficile guardando alle aree interne e che fa crescere i dubbi sulla possibilità di compiere una inversione di tendenza.

«Non è facile cambiare le cose per via di una programmazione che è stata sbagliata e per via anche del fatto che le regole nazionali impediscono alla Sardegna di usare delle misure straordinarie. Come, per esempio, quella di differenziare la possibilità che nei territori svantaggiati si possa incentivare economicamente e non solo al trasferimento i medici disponibili. Faccio un esempio per comprendere le complessità attuali: ci sono dei piccoli paesi che non hanno un medico di base, ma voi considerate che hanno solo centinaia di abitanti. Il medico di medicina generale che si trasferisce deve aprire 3 o 4 ambulatori nei paesi vicini per raggiungere il massimale e avere uno stipendio adeguato. Lo stipendio però non è più adeguato alle spese che ha, dato che dovuto aprire più ambulatori e dato che i comuni partecipano scarsamente alla possibilità di dare gli ambulatori in maniera gratuita».

Ciò, secondo Maxia, ha effetto anche sui grandi centri, Cagliari e Sassari.

«Nei grandi centri, Cagliari e Sassari in particolare, si concentra un numero di specialisti notevole, però il problema che si crea è diverso: la richiesta di prestazioni specialistiche è talmente alta, che anche un numero elevato di specialisti non riesce ad esaudirla e quindi si creano le famose liste d’attesa, che a loro volta non sono facili da superare perché l’assistenza specialistica non è di tutti i territori. Di conseguenza, le persone si rivolgono a Cagliari e Sassari, perché anche ospedali che una volta avevano degli specialisti di elevata qualità come Nuoro, Oristano e Olbia sono in grandissima crisi e se non vengono aiutati dagli ospedali hub di Cagliari e di Sassari rischiano addirittura di chiudere battenti».

Malgrado le difficoltà, i tentativi di cambiare la sorte della sanità non devono fermarsi. Da qui anche una proposta del CIMO.

«In questo momento – prosegue Maxia – si parla di statuto e si parla soprattutto di descrivere la sanità come un comparto su cui incidere con risorse regionali. La possibilità che in questo momento si parli di contrattazione integrativa regionale è molto sentita da tutti e può essere l’unico modo di incentivare economicamente i professionisti che vogliono recarsi nelle aree periferiche. Abbiamo fatto una proposta in questo senso – conclude – L’abbiamo mandata a tutti i consiglieri regionali e speriamo possa essere accolta perché secondo noi è l’unica strada per poter raggiungere un equilibrio nella sanità regionale».


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