Il rapporto

Rapporto italiani nel mondo, i numeri della Sardegna Presentato a Roma il XX rapporto, Fois (Migrantes): «All'AIRE iscritti oltre 133mila sardi»

È stato presentato ieri, martedì 11 novembre, il Rapporto italiani nel mondo, curato dalla Fondazione Migrantes. Il rapporto numero venti certifica un fenomeno ormai stabile, oltre che l’importanza di uno studio che può offrire la possibilità di analizzare al meglio le situazioni degli italiani che partono, ma anche di coloro che arrivano in Italia.

«Il rapporto – ha affermato Marisa Fois, ricercatrice della Fondazione Migrantes, intervistata su Radio Kalaritana – continua a dirci tanto sugli italiani nel mondo, delle loro ricchezze e delle loro fragilità, attraverso dati, cifre e storie. Lo scopo del rapporto da vent’anni è quello di raccontare i fatti, capire i processi e analizzare la situazione attraverso diversi strumenti metodologici». Il ventesimo compleanno del Rapporto è una occasione per fre un confronto con il passato. «Quando il rapporto è stato pubblicato per la prima volta nel 2006, il numero di italiani iscritti all’anagrafe degli italiani residenti all’estero era di circa 3 milioni. Nel 2024 questo dato è salito fino a oltre 6 milioni. Ciò significa che il numero degli italiani all’estero è cresciuto del 106%. Interessante è anche il fatto che il 48,3% degli iscritti è donna e negli ultimi vent’anni il numero delle donne è aumentato del 116%».

Un fenomeno che interessa anche la Sardegna. «Gli iscritti sardi all’AIRE – precisa Fois – sono attualmente 133mila, di cui il 47,3% donne. Da sottolineare è anche che circa il 50% degli iscritti è nella fascia tra i 18 e i 49 anni, giovani e giovani-adulti. A partire maggiormente dalla Sardegna ma da tutte le regioni d’Italia sono i componenti di questa fascia».

E proprio su questa fascia è concentrato un lavoro specifico all’interno del Rapporto. “Oltre la fuga: talenti, cervelli o braccia”, questo il titolo scelto per un approfondimento che invita a guardare in maniera diversa alla migrazione e a raccontarla in modo differente. « Spesso si parla ancora di fuga dei cervelli che è un termine negativo perché scredita i sentimenti e le scelte delle persone che partono. Una partenza che viene raccontata come una fuga, come un impoverimento del territorio che viene lasciato. Invece, la narrazione deve andare oltre la retorica. Nell’ultimo anno, se analizziamo la formazione di chi è partito, il 33% di chi è partito è laureato, mentre il 67% ha un titolo più basso rispetto alla laurea: la migrazione è un fenomeno trasversale che non va raccontato in termini riduttivi».

Il passare del tempo non ha cambiato l’importanza dello studio del fenomeno. «Durante le presentazioni si è parlato degli scopi del RIM: uno di questi è quello di contrastare l’amnesia collettiva. Quindi raccontare che l’Italia è un popolo di migranti, che ci sono storie di successo e di fallimenti e che anche gli italiani sono stati contrastati e discriminati. Leggere il passato dei nostri migranti può essere utile: significa poter avere una lente di lettura diversa e avere i giusti strumenti per analizzare l’immigrazione di oggi verso l’Italia».


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