VEGLIA DIOCESANA

Giornata mondiale poveri, mons. Baturi: «La carità è la via della riconciliazione» Durante la Veglia celebrata stasera a Serrenti, l’arcivescovo ha richiamato il senso più profondo della speranza cristiana che trasforma il cuore e il rapporto con i poveri. Nell’occasione, anche diverse testimonianze di chi dona e riceve aiuto

Si è tenuta questa sera, nella parrocchia della B.V. Immacolata di Serrenti, la Veglia diocesana organizzata in occasione dalla Caritas in occasione della IX Giornata Mondiale dei Poveri. A presiedere la celebrazione è stato l’arcivescovo, mons. Giuseppe Baturi, che ha offerto una profonda meditazione sul tema della Giornata, invitando tutti a interrogarsi sul significato concreto della speranza cristiana: non un’idea astratta, ma una forza viva capace di trasformare il cuore, lo sguardo e il rapporto con chi vive nel bisogno. Durante la Veglia si sono alternate le testimonianze di chi dona e di chi riceve aiuto, intrecciando volti e parole che hanno dato voce alla fragilità e alla gratitudine.

Mons. Baturi ha evidenziato come nella società contemporanea la speranza sia spesso soffocata dalla paura: paura dei rischi, degli imprevisti, del futuro. «Viviamo in una società dell’assicurazione – ha spiegato – in cui tutto deve essere previsto e protetto, quasi che ogni apertura all’altro rappresenti una perdita».

La paura stringe il cuore, spinge a trattenere, a difendere ciò che si possiede. Così anche il povero può diventare un “disturbo”, perché chiede di condividere ciò che percepiamo come necessario alla nostra sicurezza. «Non è una colpa da giudicare con durezza – ha aggiunto – perché quella paura abita in tutti noi. Ed è per questo che la speranza è così necessaria: ci apre al rischio della fiducia».

Accanto alla paura, il Vescovo ha indicato un’altra minaccia alla speranza: il nichilismo, l’idea che tutto finisca nel nulla. «Se tutto è destinato a svanire – ha detto – allora l’unica logica è godere il più possibile del presente». La speranza cristiana, invece, apre all’eternità e orienta il presente verso un bene più grande, stabile e affidabile: Dio. La vita acquista valore nella misura in cui è orientata al suo destino ultimo, l’incontro con il Padre. «Se il nostro destino è un amore paterno – ha sottolineato – allora la speranza genera fiducia, e la fiducia libera dalla paura: nelle mani di Dio nulla va perduto».

Chi vive nella speranza diventa capace di affidarsi come un bambino nelle braccia dei genitori. E questo stile libera alla condivisione, all’apertura del cuore, al dono. «Per seguire Gesù – ha ricordato l’arcivescovo – non basta aiutare i poveri. Occorre, in qualche modo, diventare poveri secondo la propria vocazione».

Da qui il richiamo alle parole del Vangelo: «Cercate prima il Regno di Dio». «Per noi il Regno è Gesù, e Gesù si incontra concretamente nei poveri. “Ero affamato e mi avete dato da mangiare” è il luogo in cui la speranza si fa carne e scelta quotidiana». Una parte particolarmente intensa della riflessione è stata dedicata al tema della riconciliazione.  Mons. Baturi ha osservato come spesso viviamo “dissociati”, non pienamente in pace con noi stessi e con la nostra storia, incapaci di perdonarci e di accogliere le fragilità altrui.  Eppure, ricorda la Scrittura, «la carità copre una moltitudine di peccati». L’elemosina, il servizio, la generosità sono vie attraverso cui il cuore si risana. La carità non è solo aiuto materiale: è un gesto di perdono, un’accoglienza dell’altro “in quanto altro”.  «La carità – ha concluso – è una via privilegiata di riconciliazione con Dio, con i fratelli e con se stessi». Senza la carità anche il sacramento della riconciliazione perde respiro; con essa, invece, la vita si ricompone e ritrova la sua unità interiore.


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