
I sacerdoti stranieri riuniti a Oristano attorno all’Arcivescovo monsignor Roberto Carboni
Negli ultimi anni, anche nella nostra terra sarda, stiamo vivendo un fenomeno che arricchisce profondamente la vita ecclesiale: la presenza crescente di sacerdoti provenienti da altre nazioni che svolgono il loro ministero nelle nostre parrocchie. In molte regioni d’Italia questo è ormai un dato consolidato mentre da noi è un’esperienza abbastanza recente.
Sabato 8 novembre, una trentina di presbiteri, provenienti da Africa, America Latina ed Europa orientale, si sono ritrovati nel Seminario di Oristano. A convocarli è stato mons. Roberto Carboni, arcivescovo di Oristano e responsabile della Conferenza Episcopale Sarda per la Cooperazione Missionaria tra le Chiesa, un incontro promosso da don Fidèle Koto (Congo) direttore regionale di «Missio» Sardegna.
La calorosa accoglienza di mons. Carboni e la testimonianza iniziale di don Mario Cuscusa, che ha condiviso la sua esperienza di sacerdote fidei donum in Kenya, hanno dato all’incontro una forte impronta spirituale, e ha permesso che tutti si identificassero con un italiano che ha dovuto affrontare le loro stesse difficoltà nell’incontro con una cultura molto diversa da quella sarda.
Un momento particolarmente intenso è stato il lavoro nei gruppi chiamati a riflettere su alcune domande volte a far emergere il vissuto di ciascuno. Le risposte sono state sincere, vivaci e spesso commoventi. Molti presbiteri hanno espresso gratitudine per l’accoglienza ricevuta dalle comunità, che con pazienza hanno saputo comprendere le loro difficoltà linguistiche e culturali. Altri hanno narrato la fatica di adattarsi a una terra diversa dalla propria, nei cibi, nelle tradizioni, nella lingua e nel clima, e la difficoltà iniziale di inserirsi pienamente nel tessuto ecclesiale locale. Tuttavia, accanto alle fatiche, non sono mancate le testimonianze di gioia: la vicinanza del vescovo e dei confratelli, l’accoglienza semplice della gente, la bellezza delle relazioni costruite.
Da questo confronto è emerso con chiarezza che la cooperazione missionaria tra le Chiese è una realtà viva costituita da una Chiesa che dona e che riceve, che accoglie e che si lascia accogliere.
Papa Francesco definisce tutto questo “un processo” che richiede tempo, pazienza e accompagnamento. In questo processo la Chiesa manifesta la sua identità più profonda: essere cattolica, universale, capace di valorizzare la diversità dei suoi figli. La presenza dei sacerdoti stranieri nelle nostre comunità non è solo una risposta a esigenze pastorali, ma un segno dello Spirito Santo che ci invita ad allargare gli orizzonti, ad ascoltare e a lasciarci evangelizzare dalle ricchezze umane e spirituali che essi portano.
La Chiesa vive quando le sue membra si scambiano i doni che lo Spirito suscita.
P Gian Paolo Uras
direttore Ufficio missionario diocesano
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