Il racconto

Giubileo dei giovani, chiamati a custodire la speranza Il commento di don Mariano Matzeu, apparso sull'ultimo Kalaritana Avvenire

Il Giubileo dei giovani – Foto Pastorale giovanile Cagliari

Il Giubileo dei giovani ha restituito alla nostra comunità un’immagine che non lascia indifferenti: ragazzi che camminano insieme, che pregano, cantano, ascoltano, si interrogano. Non un semplice evento, ma un’esperienza capace di toccare il cuore e di far intuire quanto il Vangelo, quando è condiviso, possa ancora generare vita nuova. Papa Leone lo ricorda nel suo Messaggio: «ogni incontro giubilare è un passo avanti nella vita cristiana». E questo passo, per tanti giovani, è stato reale, quasi tangibile.

Tra i momenti più intensi, l’omelia del Vescovo monsignor Giuseppe Baturi ha offerto una chiave decisiva per comprendere ciò che è accaduto. «Mi guardò e penetrò fino in fondo ai segreti del mio cuore», ha detto citando la tradizione del buon ladrone Disma. Uno sguardo che legge dentro, che non condanna e non censura, che sorprende nella sua capacità di restituire fiducia. Molti giovani hanno riconosciuto in queste parole qualcosa di proprio: la nostalgia di essere guardati così, con misericordia e verità. Il Vescovo ha parlato anche della solitudine, definendola una delle ferite più profonde del nostro tempo: «Non è colpa della vita, è colpa della solitudine». Il Giubileo ha mostrato l’opposto: volti che si incontrano, storie che si intrecciano, passi che procedono nella stessa direzione. Una comunità che accoglie, che non divide, che non lascia indietro nessuno. È in questo clima che molti hanno riscoperto la bellezza della fede come relazione, come amicizia. Non a caso il Papa ricorda che la testimonianza nasce dall’«amicizia con Cristo» – una relazione che cresce nella fraternità. Un altro passaggio forte dell’omelia riguarda la vocazione: «La vita è in funzione del bene degli altri». Non un ideale astratto, ma una prospettiva concreta che i giovani hanno sperimentato in gesti di servizio, nell’ascolto reciproco, nell’attenzione ai più fragili. La fede, quando è autentica, apre alla responsabilità; la festa diventa impegno; la speranza si traduce in cura. Il Santo Padre, infatti, definisce la testimonianza cristiana come una voce che indica Cristo e non se stessa, e i giovani hanno compreso che questa voce può essere anche la loro. Il Giubileo ha rivelato un bisogno profondo: spazi dove i ragazzi possano sentirsi a casa, dove non debbano difendersi o dimostrarsi, ma semplicemente essere. Spazi in cui la fede non appaia distante, ma familiare, capace di restituire coraggio.

Per la pastorale giovanile l’orizzonte è questo: non moltiplicare attività, ma generare cammini di maturazione, intrecciando spiritualità, formazione, servizio e fraternità. Accompagnare senza invadere, guidare senza sostituirsi, ascoltare senza giudicare. Rimane impressa un’ultima immagine, forse la più luminosa. Il Vescovo ha detto che l’incontro con Cristo «coincide con l’incontro con noi stessi». È ciò che molti giovani hanno vissuto: un ritorno alla propria verità, una riconciliazione interiore, una pace a lungo cercata. Se il Giubileo è stato una festa, ora diventa un invito a custodire quella luce e a trasformarla in strada condivisa. Una comunità che continua a camminare, sostenuta dallo sguardo che rigenera e dalla speranza che non delude. Ora la sfida è non disperdere quanto è stato seminato. Ogni Giubileo autentico, infatti, non si chiude con l’ultimo canto o con il rientro a casa, ma continua nella quotidianità, nelle scelte feriali, nei legami che resistono, nelle domande che maturano. La comunità cristiana è chiamata a farsi custode di questo dono, a non lasciare soli i giovani dopo l’entusiasmo, ma a camminare con loro nel tempo, con pazienza e fiducia. Perché ciò che è nato non si spenga, ma trovi terreno buono in cui crescere. Il Giubileo dei giovani lascia così una responsabilità condivisa: credere nei ragazzi, offrire loro spazi veri, parole autentiche, testimoni credibili. Solo così la luce accesa potrà continuare a brillare.

Mariano Matzeu, direttore Ufficio pastorale giovanile (Articolo pubblicato su Kalaritana Avvenire il 7 dicembre)


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