
Nei giorni che precedono il Natale si moltiplicano, nelle nostre comunità, i gesti di carità e le iniziative liturgiche che hanno come destinatari gli uomini e le donne più fragili. Pensiamo alla celebrazione eucaristica nelle mense dei poveri, ai concerti a sostegno delle opere caritative, agli incontri dedicati agli operatori della Caritas e delle altre realtà diocesane impegnate nel servizio.
Tutto questo esprime profondamente il sentimento del Natale e la novità che celebriamo: la nascita del Dio che è amore e che entra nella storia degli uomini per condividere fino in fondo la loro condizione.
Papa Leone XIV, con un recente documento dedicato alla carità verso i poveri, ci ha ricordato che non basta annunciare in modo generico la dottrina dell’Incarnazione. Per entrare davvero in questo mistero occorre riconoscere che il Signore si fa carne che ha fame, che ha sete, che è malata, carcerata. Una Chiesa povera per i poveri inizia andando incontro alla carne di Cristo.
Già san Giovanni Paolo II ricordava che, incarnandosi in Gesù di Nazareth, il Verbo si è in qualche modo unito a ogni uomo. Ma è una carne che porta i segni del tempo, della povertà, della malattia, del male. La carità verso Cristo diventa allora carità verso la carne di ogni fratello che soffre e chiede cura.
Pensiamo ai bambini, alle vittime delle guerre, a quanti soffrono non solo nel corpo ma anche nello spirito e nella psiche. Anche il disagio mentale interpella la nostra responsabilità. È importante riconoscere che ogni azione di carità ha un fondamento di grazia: non nasce solo da sentimenti filantropici, pur nobili, ma dalla fede che ci spinge ad accogliere nei poveri la presenza stessa di Cristo.
La parabola del Buon Samaritano resta decisiva. Alla fine Gesù dice: «Va’ e anche tu fa’ lo stesso». Prenditi cura del fratello nel quale Cristo si è identificato: nei poveri, nei senza casa, nei carcerati, negli ammalati, come ci ricorda il Vangelo del giudizio finale.
I Magi, guidati dalla stella, giungono a Betlemme e offrono al Bambino ciò che per loro è prezioso. Anche noi, nell’adorazione di Cristo che nasce, siamo chiamati a condividere non soltanto i nostri beni, ma noi stessi. Perché la vera carità è il dono commosso della propria vita.
Giuseppe Baturi
+Arcivescovo
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