Cinema

«Balentes»: opera prima di animazione di Giovanni Columbu Il lavoro è liberamente tratto dalla storia vera di due ragazzi nella Sardegna del 1940

Si intitola «Balentes» il film di Giovanni Columbu, opera prima di animazione, prodotto da Luches SRL e Rai Cinema, co-prodotto da Tama Filmproduktion e distribuito da MyCulture.

Il lavoro, liberamente tratto dalla storia vera di due ragazzi che, nella Sardegna del 1940, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, liberarono un branco di cavalli destinati al fronte, elabora soluzioni formali in parte ispirate al cinema espressionista e in parte dedotte da tecniche usate nella pittura iperrealista.

I disegni sono stati realizzati su carta e a pennello dallo stesso regista, con l’obiettivo di restituire unicità e libertà all’elemento primario e costitutivo del disegno, ovvero il segno, altrimenti destinato a conformarsi a modelli prestabiliti.

Dopo una prima ricerca durata circa due anni, il lavoro è stato affiancato da diversi collaboratori ai quali è stato chiesto di ritagliare particolari maschere da posizionare lungo i profili dei disegni.

Ciò ha permesso all’autore di generare, anche nei processi di animazione, una sorta di «paradosso iconico» dato da segni molto rapidi, impulsivi e gestuali, che tuttavia trovano una perfetta conclusione sui profili precedentemente definiti.

Le figure sono spesso rarefatte. Appaiono in campo e poi scompaiono senza oltrepassare i limiti della scena, come se attraversassero porte invisibili.

«La storia – dice il regista – ha la componente della sfida, del voler compiere imprese difficili dove è richiesta audacia, coraggio. Il movente che viene messo in evidenza nel film è che i due protagonisti, uno dei quali si chiama Ventura, proprio quello storico, vogliono in realtà liberare dei cavalli venduti all’esercito ed erano ricoverati in un allevamento».

La ragione quindi del loro furto non era quella di arricchirsi, per tornare proprietari dei cavalli, ma liberarli affinché non andassero in guerra.

È un movente idealistico che assume, di fatto, anche un’opposizione alla guerra: è un modo attraverso il quale il film legge ciò che accadeva in quel periodo.

Una sfida, come la «balentia», una prova di valore che ha come condizione il fatto di non rispondere a un interesse personale o ad un vantaggio materiale per chi compie l’azione.

Sono due gli elementi emergono: il valore dei cavalli come creature di un mondo rurale tipico della nostra Isola e la scelta dei ragazzi di evitare agli animali la partenza in guerra, quest’ultimo tema di stretta attualità, visto che viviamo un tempo nel quale queste dinamiche sono fortemente presenti.

«Certamente non avevo premeditato questi significati – evidenzia il regista. Il film l’ho iniziato sette anni fa, quando nessuno poteva immaginare che ci saremo trovati, da lì a poco, sul ciglio di una possibile guerra. Anche in Sardegna, in un mondo rurale, c’erano adolescenti capaci di ribellione e di contrasto verso l’istituzione deputata alla guerra, i militari, ai quali i due si ribellarono, con un’azione molto difficile, come quella di rubare dei cavalli all’esercito, il cui esito sarà però tragico», con il successivo ingresso dell’Italia in guerra.


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