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Baturi: «Reimpariamo l’amore guardando il volto di Cristo» Nel suo intervento su Diànoia, l’Arcivescovo riflette sui femminicidi e richiama alla necessità di riscoprire l’alfabeto dell’amore

In questi giorni abbiamo appreso di terribili omicidi perpetrati contro donne dentro relazioni cosiddette “affettive”, spesso all’esito di legami interrotti o di rifiuti. Le statistiche parlano di oltre settanta femminicidi dall’inizio dell’anno: un dato che inquieta, anche perché riguarda da vicino la nostra Sardegna e coinvolge in particolare i giovani. È l’emergenza di chi ha smarrito l’alfabeto degli affetti, confondendo l’amore con il possesso e la persona con un oggetto.

Che il dominio possa insinuarsi nei rapporti è realtà antica: il peccato introduce la logica del potere dentro la relazione. Ma non possiamo rassegnarci. Occorre educarci – e rieducare – a una logica dell’amore che impariamo dal volto misericordioso di Cristo e che risponde al desiderio più vero del cuore umano. Senza gratuità e rispetto non c’è amore: c’è solo egoismo, che conduce alla morte e travolge perfino i più piccoli.

Se eliminiamo Dio dalla vita, non comprendiamo più neppure la bontà delle relazioni. Papa Leone XIV ha chiesto alla Chiesa italiana un nuovo slancio per immettere Cristo nelle vene dell’umanità, annunciando ai giovani il paradigma autentico dell’amore e rieducando quanti si sono smarriti nel narcisismo: chi si contempla soltanto non sa vedere oltre sé, le proprie emozioni e i propri desideri.

L’amore, invece, è volere il bene dell’altro perché è altro: dire “è bene che tu ci sia”, mobilitare la propria esistenza perché l’altro cammini verso la felicità anche quando quella strada non comprende noi. Il vero banco di prova è la disponibilità al sacrificio di sé perché l’altro viva e viva felice. Senza speranza di un compimento, l’amore decade in possessività e violenza. Nel Giubileo della Speranza ricordiamo che la speranza è desiderio e attesa del bene che ci muove ad amare; in un certo senso precede l’amore e lo rende possibile.

Interroghiamoci a partire dai nostri rapporti. Reimpariamo l’amore fissando lo sguardo sul volto di Cristo che ha dato la vita per noi e insegniamone l’alfabeto ai più giovani, nelle famiglie, nelle comunità, nelle scuole e nelle parrocchie. Solo così la cultura dello scarto potrà lasciare spazio a una cultura di rispetto, di custodia e di vita.


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