Il punto

Carcere di Uta in Sardegna: preoccupazioni per i detenuti al 41-bis Per la garante Testa è evidente il problema del sovraffollamento e della carenza di personale che rischiano di aggravare l’emergenza sanitaria e gestionale

Il carcere di Uta (foto Ansa)

A Uta si è tenuto un confronto sul possibile arrivo di nuovi detenuti sottoposti al regime del 41-bis nel carcere locale. La garante dei detenuti della Regione, la dottoressa Sirena Testa, ha sottolineato le criticità già presenti nelle strutture penitenziarie sarde, evidenziando come l’incremento di cento detenuti rischi di sovraccaricare un sistema già in affanno.

«Gli istituti attuali – spiega Testa – sono sguarniti di personale medico, sanitario, psichiatrico e infermieristico. Già oggi sono 750 i detenuti presenti, una vera e propria comunità, e non è chiaro come sarà garantita l’assistenza per ulteriori arrivi». Il problema si estende ai detenuti comuni, tossicodipendenti e malati psichiatrici, che spesso occupano celle sovraffollate e in condizioni precarie.

La garante evidenzia anche il mancato dialogo con il Ministero della Giustizia: «Non c’è stata una comunicazione chiara verso le istituzioni locali. L’unica strada possibile è mediare, perché il padiglione è pronto e i trasferimenti saranno effettuati». Testa racconta inoltre il grave stato di alcune celle, con episodi di autolesionismo tra i detenuti, e teme che l’aumento della popolazione carceraria peggiori ulteriormente la situazione ordinaria.

L’impatto, secondo la dottoressa, sarà significativo anche per i tribunali e per la gestione quotidiana del carcere, già sottoposta a forte pressione. «È necessario un approccio realistico e responsabile per evitare che le criticità diventino insostenibili», conclude.


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