
L’inaugurazione della Casa di accoglienza Sant’Anna stamattina
Restituire dignità attraverso una casa dove sentirsi accolte e amate: questo è l’obiettivo della nuova Casa di accoglienza “Sant’Anna” – uno dei segni giubilari diocesani – destinata a donne senza dimora e con diverse forme di fragilità, e inaugurata questa mattina alla presenza dell’arcivescovo mons. Giuseppe Baturi.
«Questa struttura – ha detto l’arcivescovo – nasce come luogo di fraternità e accoglienza, pensata non solo come ricovero temporaneo, ma come una vera casa. Qui le persone possono trovare sostegno nei loro bisogni e accompagnamento nello sviluppo delle proprie potenzialità».
Il progetto – ha ricordato mons. Baturi – rappresenta un segno concreto di pace e unità, frutto della collaborazione tra la Diocesi, la Caritas diocesana, la Fondazione San Saturnino, la Caritas carmelitana, la Famiglia Vincenziana attraverso l’Associazione Centro di accoglienza San Vincenzo, e con il sostegno dell’amministrazione comunale.
«È un’alleanza tra istituzioni e realtà sociali – ha aggiunto l’arcivescovo – un segno di speranza e rinascita per la città di Cagliari, basato sulla solidarietà e sulla collaborazione».
Presenti all’inaugurazione anche il parroco della Chiesa del Carmine, don Giuseppe Basile, l’assessora alle politiche sociali del Comune di Cagliari, Anna Puddu. La Casa, operativa dai primi di gennaio, accoglierà sette donne, senza dimora e con diverse fragilità. Suor Anna Cogoni (responsabile della Casa) insieme alle educatrici, si occuperà del loro accompagnamento.
«Questa Casa – spiega suor Anna Cogoni – messa a disposizione dall’arcivescovo all’Associazione Centro di Accoglienza San Vincenzo, nasce per dare risposte concrete a un’esigenza fortemente emersa dal nostro Sportello di ascolto per donne vittime di violenza e per offrire una concreta possibilità di rinascita: un luogo dove sentirsi accolte, volute bene, finalmente a casa. L’obiettivo sarà quello di aiutare queste donne a ritrovare fiducia, autonomia e dignità. Ogni percorso sarà personalizzato, perché ciascuna ha una storia, delle ferite e talenti da riscoprire e valorizzare».
Maria Chiara Cugusi
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