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Cois (UniCa): «La famiglia cambia ma resta un’istituzione viva» Intervista alla sociologa dell'Università di Cagliari: «Serve un piano che accompagni ogni fase della vita»

La famiglia sta meglio di quanto spesso venga rappresentata. Nonostante i numeri negativi su natalità e invecchiamento, le relazioni familiari restano forti. Anche se il 39% delle famiglie in Sardegna è composto da una sola persona, ciò non significa isolamento: molti mantengono relazioni quotidiane e di solidarietà con i familiari. Il concetto di famiglia è oggi più permeabile e non sempre legato alla convivenza sotto lo stesso tetto. Ne abbiamo parlato con la professoressa Ester Cois, delegata del rettore dell’Università di Cagliari per l’uguaglianza di genere

Professoressa Cois, cosa ci dice questo cambiamento sulla società sarda? 

Dobbiamo aggiornare il nostro sguardo. Le vecchie definizioni non bastano più: le famiglie cambiano forma ma restano fondamentali. Le relazioni interpersonali sono vive e intense, ma vanno sostenute con nuovi strumenti e politiche che tengano conto delle trasformazioni demografiche in atto. 

In Sardegna, però, la popolazione è sempre più anziana: quali problemi emergono? 

Il nostro modello demografico è sbilanciato verso l’età avanzata. I servizi di cura, già carenti in generale, in Sardegna sono particolarmente fragili. Finora le famiglie hanno colmato i vuoti del welfare con strategie personali, ma con meno figli e meno caregiver, questo modello rischia di crollare. Il contributo migratorio ha aiutato, ma non basta più. 

Cosa servirebbe, concretamente, per invertire la rotta? 

Occorre agire su due piani: sostenere chi ha già bisogno – come gli anziani – e chi vorrebbe generare nuova vita. Le scelte di fare figli, oggi, sono spesso scoraggiate dalla mancanza di servizi e dalla difficoltà di conciliare lavoro e famiglia. Le politiche per la natalità e la conciliazione non sono mai una priorità politica, e invece dovrebbero esserlo. 

Spesso si citano modelli «virtuosi» come il Trentino. Sono esempi replicabili in Sardegna?

Non del tutto. È importante comprendere il contesto: la Sardegna ha caratteristiche territoriali e demografiche uniche. Siamo un’isola di piccoli paesi, molti dei quali si stanno spopolando. Le politiche di accentramento dei servizi – come la chiusura di scuole o ospedali – hanno aggravato l’esclusione. Chi vorrebbe mettere su famiglia o restare nel proprio paese, spesso è costretto ad andarsene. Questo va ad alimentare lo squilibrio demografico. 

Che tipo di intervento pubblico sarebbe allora più efficace? 

Serve un piano che accompagni ogni fase della vita: dall’uscita dalla famiglia d’origine alla genitorialità, fino alla vecchiaia. Non bastano incentivi una tantum o misure emergenziali. Serve prossimità: servizi accessibili, continuità educativa, assistenza sanitaria, ma anche luoghi dove vivere e lavorare senza dover abbandonare il proprio paese. Le scelte familiari devono essere libere, non condizionate invece dalla mancanza di alternative. 

Un messaggio finale? 

Dobbiamo smettere di parlare della famiglia solo in termini nostalgici o retorici. È un’istituzione viva, che cambia, e che ha ancora un ruolo cruciale nella coesione sociale. Ma per resistere, ha bisogno di essere sostenuta, valorizzata e liberata dai vincoli di un contesto che spesso ne limita le potenzialità.

Andrea Pala (articolo pubblicato sul Kalaritana Avvenire del 8 giugno)


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