Spettacolo

Cullin: «Ho ricevuto tanto, ora vorrei essere d’aiuto per i giovani talenti» A tu per tu con l'attore, in tournee con «È inutile a dire»

Jacopo Cullin e Gabriele Cossu

Si conclude il 30 maggio a Macomer il mini-tour di Jacopo Cullin con lo spettacolo «È inutile a dire», in scena oramai da tempo, che a registrare tutto esaurito, anche nei cosiddetti piccoli teatri, quelli distanti dai grandi centri.

Ad accompagnare l’attore, l’inseparabile spalla Gabriele Cossu, e il trio musicale guidato da Matteo Gallus al violino, con Riccardo Sanna alla fisarmonica e Andrea Lai al contrabbasso.

Una scelta consapevole la definisce l’attore. «Ho fatto così anche nei tour precedenti – racconta – mi piace provare a portare il teatro dove magari c’è un po’ meno, nei circuiti minori o far riaprire teatri, come è accaduto all’anfiteatro di San Gavino, così come l’abbiamo portato a Fonni. Mi piaceva l’idea di non fare cose facili, semplici, normali, come a Cagliari, Oristano e Sassari.

Continuare a portare «È inutile a dire», al di là del giusto riscontro, è una scelta fatta per guardare in modo disincantato a ciò che ci circonda?

È un mio tormento la continua analisi della società, di come cambia e muta. Mi interessa e mi appassiona: ogni volta aggiungo qualcosina allo spettacolo, anche se lo scheletro è sempre quello, che però cambia in base a quanto scopro o succede nel mondo, oppure alle risposte della gente. Ho riproposto lo spettacolo perché ci sono state talmente tante richieste che alla fine abbiamo deciso di fare quello che adesso viene definito «The last dance», un ultimo giro. Chiuderò quest’estate, perché vorrei concentrarmi su altro, o magari lo riprenderò più avanti magari un altro spettacolo. È diventato quasi un classico: ci sono persone che l’hanno visto dieci volte. Portandolo in scena sai di regalare momenti di felicità sia a te stesso sia agli altri.

I personaggi che porti sul palco hanno spesso tratti simili a chi viene a teatro e si sente rappresentato.

È quello che provo a fare, analizzando e caricaturando un po’ quelle figure, sperando che qualcuno riconosca se stesso, un fratello, un nonno, un parente o un vicino di casa.

Oltre allo spettacolo in Sardegna l’altro tuo impegno si snoda tra il cinema e fiction televisiva. Anni anni pensavi di finire su Rai 1 in prima serata?

Onestamente no. Nemmeno pensavo di fare questo mestiere, perché non vengo da una famiglia di artisti. Forse anche l’arte e la recitazione venivano viste più come un passatempo, un hobby: frequenti i seminari di recitazione della durata di qualche settimana, ma poi torni al tuo lavoro. Mi è rimasta impressa ciò che mi aveva detto una mia collega: “Tu hai la faccia da cinema”. Avevo ovviamente sorriso, perché non facevo neanche teatro, quindi figurati il cinema. Forse in qualche modo quelle parole mi hanno segnato e alla fine mi è andata bene o comunque sta andando bene e sono contento.

Da un punto di vista professionale e anche umano, le fiction cosa portano Jacopo?

Ho fatto diverse serie TV: mi sono fermato a contarle ma mentre le facevo le dimenticavo. Un giorno ho provato ad elencare e ne ho davvero fatto un sacco. La serie che mi ha dato grande visibilità è quella su Rai 1, in un ruolo nel quale ho potuto da sfogo alla mia parte più comica, rispetto agli altri ruoli interpretati nel passato.

I prossimi che mesi saranno per Jacopo?

Volevo fare quest’ultimo giro, d’estate, quattro, cinque date al massimo. Mi piaceva l’idea di farlo in siti archeologici come Nora, Sant’Antioco, con l’Arena Fenicia, oppure Tharros. Vediamo se riusciamo ad organizzare tutto. Poi ci sono delle cose in ballo non ancora definitive.

Mi sta piacendo molto lavorare con i giovani, insegnare o comunque fare regia. Sono in quella fase nella quale dopo aver ricevuto tanto, mi piacerebbe in qualche modo restituire o comunque cercare di essere d’aiuto per i giovani talenti.


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