
Anna Tedde ed Elenia Carrus ospiti a Radio Kalaritana
Restituire dignità attraverso il lavoro, rafforzare i legami familiari e offrire ai figli dei detenuti nuove possibilità educative. È questo l’obiettivo di “Liberi Dentro per Crescere Fuori”, il progetto attivo nella Casa circondariale di Uta promosso dalla Cooperativa Sociale ELAN, in collaborazione con una rete di realtà del territorio. Un’iniziativa quadriennale che affronta la povertà educativa minorile partendo dal carcere.
Il tirocinio in carcere: una palestra di riscatto
Il cuore operativo del progetto, per quanto riguarda gli adulti detenuti, è l’attivazione di tirocini formativi retribuiti all’interno della lavanderia industriale attiva nel carcere dal 2020 e gestita direttamente da ELAN. Lo scorso 1° settembre ha preso il via il terzo tirocinio: protagonista, un papà detenuto che ha deciso di mettersi in gioco. Sei mesi di formazione sul campo, con la possibilità concreta di un’assunzione stabile all’interno della cooperativa.
«Ogni tirocinio è molto più di un’occasione lavorativa. È uno strumento potente per ridare senso e responsabilità, e per ricostruire un ponte con i figli» afferma Anna Tedde, presidente di ELAN.
«È importante che i genitori detenuti sentano che possono ancora essere parte attiva della propria famiglia» aggiunge Elenia Carrus, vicepresidente della cooperativa e responsabile del progetto.
Finora sono stati attivati tre tirocini, e il quarto è in fase di avvio. L’inclusione lavorativa, infatti, non è una componente secondaria, ma un asse strategico per l’intero intervento.
Un progetto pensato per i bambini, costruito con le famiglie
Al centro del progetto ci sono i figli dei detenuti, segnati dalla distanza forzata e dalle difficoltà economiche ed emotive. Ogni famiglia viene presa in carico da un’équipe multidisciplinare che lavora per costruire Patti Educativi di Comunità, ossia percorsi personalizzati e condivisi.
Grazie alla dote educativa – che può coprire attività artistiche, culturali, psicologiche o economiche – i bambini possono accedere a laboratori di musica, teatro, lettura e supporto scolastico. Il tutto in un’ottica di crescita armonica, protezione e stimolo.
«Non ci limitiamo ad aiutare i bambini. Aiutiamo le famiglie a diventare terreno fertile per la loro crescita» spiega la Carrus.
Genitorialità in carcere: un supporto per non spezzare i legami
Accanto ai percorsi educativi, il progetto prevede anche gruppi di sostegno alla genitorialità per i padri detenuti, che si incontrano mensilmente con una psicoterapeuta per riflettere sul proprio ruolo.
Il progetto prevede anche momenti speciali, come feste e incontri strutturati in carcere, per rafforzare il legame tra genitori e figli oltre le visite ordinarie previste dalla normativa penitenziaria.
Numeri e rete: l’impatto dopo un anno
A poco più di un anno dall’avvio (luglio 2024), i numeri raccontano un progetto radicato e in crescita:
• 155 adesioni da parte di famiglie
• 102 minori coinvolti
• 8 patti educativi attivati
• 3 tirocini avviati, il quarto in arrivo
• 15 gruppi di supporto psicologico alla genitorialità
Il tutto grazie a una rete composta, oltre che da ELAN, da realtà locali come Panta Rei, Exmè – Casa delle Stelle, il Consorzio Solidarietà e l’associazione Prohairesis.
Una progettazione partecipata che valorizza le competenze e la presenza sul territorio.
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