Dipendenze in Sardegna: sfide e carenze nei servizi di primo livello Unità mobili e centri di accoglienza ancora assenti, mentre aumentano gli accessi a pronto soccorso e minorenni coinvolti

(foto Ansa)

I servizi per le dipendenze patologiche rappresentano oggi una delle aree più fragili del Servizio Sanitario Nazionale: frammentati, disomogenei e spesso sottodimensionati. Secondo i dati della Fondazione Gimbe nel 2024 oltre ottomila persone hanno avuto accesso ai pronto soccorso per problemi legati alla droga, e un dato preoccupante riguarda i minorenni, che rappresentano un accesso su dieci. Anche i ricoveri ospedalieri sono in aumento, concentrandosi per quasi il 70% nelle regioni del Nord.  I servizi di primo livello – unità mobili, centri drop-in e centri di prima accoglienza – sono pochi e distribuiti in modo diseguale.

In Sardegna il quadro è ancora più critico: nel 2024 non esiste alcun servizio di I livello, quelli più accessibili e destinati a raggiungere le persone più difficili da contattare attraverso i canali tradizionali. Il tasso medio nazionale è di 0,4 servizi ogni 100.000 abitanti tra i 15 e i 74 anni. I servizi ambulatoriali, che garantiscono trattamenti terapeutico-riabilitativi e sostegno ai familiari, nella Regione registrano un tasso medio di 2,2 per 100.000 abitanti (media nazionale: 2,6), con un numero medio di utenti per unità di personale pari a 18,1, inferiore alla media nazionale di 24,1.
I servizi residenziali e semi-residenziali, che offrono programmi assistenziali diversificati e integrati con i percorsi ambulatoriali, raggiungono in Sardegna un tasso di 1,9 per 100.000 abitanti, leggermente sotto la media nazionale di 2,1.

La fotografia del 2024 mette in luce una fragilità strutturale dei servizi per le dipendenze in Sardegna, con un urgente bisogno di potenziare i servizi di primo livello per garantire interventi tempestivi ed efficaci alle persone più vulnerabili.


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