I dati

Giornata mondiale della libertà di stampa, i giornalisti pagano i rischi che crescono Il mestiere è sempre più pericoloso, il report di Reporters Sans Frontieres

Un giornalismo sempre più in difficoltà di fronte ai pericoli che crescono, ma che nonostante tutto non si ferma. Questo il quadro che si potrebbe mettere insieme osservando il consueto rapporto di Reporters Sans Frontieres, che ha anticipato la Giornata mondiale della libertà di stampa, fissata nel calendario per la giornata di oggi, 3 maggio.

Pericolosità in aumento

Non solo gli attacchi fisici e le limitazioni dovute a leggi sempre più stringenti, anche nelle parti di mondo considerate baluardo dei valori democratici e di libertà di opinione: anche le complessità date da un contesto economico non positivo, portano a svolgere il lavoro giornalistico con sempre maggiori pressioni e preoccupazioni. L’instabilità dei contratti o la mancanza di sicurezze dei pagamenti se si lavora come freelance, così come la concentrazione delle proprietà dei media nelle mani di imprenditori con grandi interessi, sono facce della stessa medaglia che contribuiscono al malessere del giornalismo a livello globale. L’aspetto più altisonante resta, tuttavia, la pericolosità del mestiere sempre più elevata, resa chiara dal numero di professionisti che hanno perso la vita nei primi quattro mesi del 2025 – 15 – oltre che dalle drammatiche situazioni nei luoghi di conflitto come in Palestina – oltre 200 operatori dei media uccisi in poco meno di tre anni – o Ucraina, dove la storia della giornalista Viktoriia Roshchyna, raccontata sui giornali di tutto il mondo negli ultimi giorni ha chiarito il trattamento riservato ai cronisti dalla Russia.

Passi indietro

Guardando alla situazione generale dei continenti, il quadro europeo appare roseo rispetto ad altri contesti. Le prime quindici posizioni sono occupate da Stati del Vecchio Continente, con la Norvegia a guidare la classifica seguita da Estonia e Paesi Bassi. Mentre a chiudere la classifica è chiusa da Siria, Cina, Corea del Nord e Eritrea. Ci sono però situazioni divenute più critiche anche in Europa, secondo RSF, tra cui quella italiana: Roma, infatti, ha perso tre posizioni passando dal 46° al 49° posto in classifica. Tra le motivazioni, la pericolosità del lavoro di fronte alle minacce di stampo mafioso, ma anche le scelte politiche tra cui la cosiddetta legge bavaglio e le mancate risposte sul caso dell’utilizzo di spyware sui telefoni di alcuni giornalisti tra cui il direttore di Fanpage Francesco Cancellato.


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