
(fonte foto: www.lanuovasardegna.it)
Dopo 25 anni di attività in Italia, Glencore conferma: la produzione sarà spostata all’estero. Per i sindacati metalmeccanici si tratta di una scelta premeditata, che porterà alla perdita di circa mille posti di lavoro nel Sulcis.
Secondo FIOM, FSM e UILM, la strategia dell’azienda era evidente: ridurre gli appalti, accorpare le lavorazioni e creare competizione interna per spingere verso il massimo ribasso. La crisi energetica post-Covid ha poi offerto il pretesto per uscire dal mercato tutelato e definire “insostenibili” i costi di produzione in Italia.
Il polo del piombo è stato chiuso, gran parte dei lavoratori è uscita con gli ammortizzatori sociali e oggi restano poco più di 300 addetti. Nonostante le rassicurazioni istituzionali degli scorsi mesi, il 2 ottobre il ministro Urso ha di fatto legittimato la scelta dell’azienda, parlando di una decisione “legittima”.
Intanto, si parla di progetti sul litio e sui depositi di materie critiche, ma senza piani concreti né coinvolgimento delle autorità locali.
«Si rinuncia a produzioni strategiche e competenze consolidate, scaricando i costi sui lavoratori e sul territorio» denunciano i sindacati. Sul tavolo restano anche le crisi irrisolte di SiderAlloys, Eurallumina e la prossima chiusura della centrale elettrica.
FIOM, FSM e UILM proclamano lo stato di agitazione e annunciano mobilitazioni. «Il governo torni alle promesse fatte: serve un piano per salvare lavoro e industria nel Sulcis»
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