
Una parte del complesso universitario cagliaritano (foto Ansa)
I contatti tra le popolazioni hanno avuto un ruolo decisivo nell’evoluzione del linguaggio, favorendo il passaggio di suoni, parole e persino strutture grammaticali da una lingua all’altra. A rivelarlo è uno studio internazionale coordinato dall’Università di Zurigo e pubblicato su Science Advances, che ha coinvolto anche l’Università di Cagliari.
L’indagine ha analizzato i dati genetici di oltre 4.700 individui appartenenti a 558 popolazioni, incrociandoli con informazioni su migliaia di lingue. Obiettivo: capire in che misura il contatto tra comunità diverse modifica le lingue e come queste trasformazioni dipendano da dinamiche storiche e sociali.
«Il risultato più sorprendente – spiegano dall’Ateneo cagliaritano – è che, quasi ovunque, quando due popolazioni entrano in contatto le loro lingue tendono a diventare più simili, seppur in modi diversi. La probabilità di condivisione linguistica aumenta in media dal 4 al 9% tra idiomi non imparentati».
Gli esempi abbondano: l’italiano ha adottato tsunami dal giapponese, mentre termini come pizza o adagio si sono diffusi in molte altre lingue. «Ci ha colpito la coerenza di questo effetto, dai contatti antichi delle migrazioni neolitiche fino a quelli moderni legati a colonizzazioni e globalizzazione», sottolinea Chiara Barbieri, genetista delle popolazioni e docente a Cagliari, tra le autrici dello studio.
Non tutte le caratteristiche linguistiche si trasmettono con la stessa facilità: alcuni suoni o l’ordine delle parole sono più “prestabili”, altre peculiarità molto meno. A volte, invece, le comunità scelgono deliberatamente di differenziare la propria lingua per marcare identità distinte.
Secondo i ricercatori, la scoperta apre nuove prospettive non solo per comprendere la storia linguistica del pianeta, ma anche per osservare le trasformazioni future: «Se il contatto arricchisce e avvicina – concludono – può al tempo stesso ridurre la diversità linguistica».
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