Il commento

Il cammino delle donne nei percorsi di pace Le donne nelle guerre sono un obiettivo, ma anche un pilastro nella lotta per un mondo diverso

Il paradosso è stridente. L’ottantesimo anniversario del sogno di «abolire la guerra» – da cui sono nate le Nazioni Unite – cade nel tempo di massima conflittualità mondiale. Analisti e principali centri di ricerca discordano sulle cifre, per la pluralità di parametri impiegati per calcolarle. Concordano in modo inequivocabile, però, sul dato dirimente: mai, dal 1945, lo scontro era stato tanto globale per estensione e furia. L’«Uppsala conflict data program», dell’omonima università svedese, ha censito 185 conflitti nel 2024. In 50 di questi – secondo l’Armed conflict location and event data (Acled) – il livello di violenza è alto, per un totale di 200mila attacchi e 20mila uccisi al mese. In dieci addirittura è estremo. È interessante notare, inoltre, che in cima alla classifica figurano Paesi come il Messico, il Myanmar, l’Etiopia, l’Ecuador o la Repubblica democratica del Congo ufficialmente «in pace». Le guerre che nessuno vede sono la maggioranza.

L’editoriale completo, a cura di Lucia Capuzzi, sarà sul nostro Kalaritana Avvenire, in uscita domenica 14 dicembre insieme al quotidiano Avvenire in tutte le edicole della Sardegna


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