
L’arcivescovo Baturi ha incontrato insieme al giornalista Raimondo Schiavone un gruppo di giovani partecipanti al Campo
Un piccolo mare, tante rotte. Di pace, di conflitto, di speranza. È il Mediterraneo il protagonista dell’incontro che si è svolto giovedì 17 luglio nell’ambito del tredicesimo Campo internazionale “Segni di speranza”, promosso dalla Caritas diocesana di Cagliari. Un appuntamento speciale, che ha visto dialogare insieme l’arcivescovo di Cagliari e segretario generale della CEI, monsignor Giuseppe Baturi, e il presidente del Centro Italo Arabo e del Mediterraneo Raimondo Schiavone.
A partecipare all’incontro, 150 ragazze e ragazzi provenienti da 20 Paesi del mondo, ospitati per una settimana a Cagliari grazie a un’esperienza di fraternità, scambio e dialogo. Un’occasione concreta per riflettere su fede, attualità e convivenza, mettendo al centro la voce e le domande delle nuove generazioni.
«Sono molto felice di partecipare a questo incontro con monsignor Baturi e con questi ragazzi – ha detto Schiavone. Perché parlare oggi ai giovani di quello che è la realtà del Mediterraneo, del dialogo fra i popoli in quest’area geografica molto particolare, soprattutto nel contesto attuale, mi sembra interessante. Credo che la situazione contingente che si è venuta a creare in questa fase sia particolare, e i giovani devono essere coinvolti nelle scelte che si stanno andando a fare».
Giornalista e autore di saggi sul mondo arabo, Schiavone ha raccontato la sua esperienza nei luoghi di guerra, tra Siria, Libano, Palestina: storie di dolore, ma anche di speranza.
Proprio su questi semi si fonda il messaggio lanciato nel corso dell’incontro: la diversità religiosa e culturale non è un ostacolo, ma un’occasione per costruire ponti.
Un tema su cui è tornato anche monsignor Baturi, che ha invitato a riscoprire l’importanza del rispetto reciproco: «La fede può unire se non viene manipolata e può dividere e diventare un’arma quando si semina la paura dell’altro in nome di Dio e si prepara il terreno alla barbarie. Quando si educa a odiare chi prega in modo diverso, si costruisce il domani sulla sabbia dell’intolleranza».
di Maria Luisa Secchi
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