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La Sardegna ospita appena l’1% dei cittadini stranieri residenti in Italia, ma il fenomeno migratorio nell’isola continua a rappresentare una realtà significativa, capace di arricchire il tessuto sociale, culturale ed economico del territorio. È quanto emerge dal Dossier Statistico Immigrazione 2025 del Centro Studi e Ricerche IDOS, presentato questa mattina a Cagliari.
A illustrare i dati è Raffaele Callia, redattore regionale del Dossier. «La Sardegna si colloca nelle ultime posizioni per numero di cittadini stranieri, ma ciò non significa che la realtà immigratoria sia marginale — ha spiegato Callia —. Anzi, è una presenza preziosa, che dopo la frenata dovuta alla pandemia ha ripreso a crescere, raggiungendo oggi circa 55 mila persone, pari al 3,5% della popolazione residente».
Le principali aree di insediamento restano Cagliari, Olbia e Sassari, in cui si concentra la maggior parte dei residenti stranieri. Le comunità più radicate provengono da Senegal, Marocco e Romania, con quest’ultima che da sola rappresenta circa il 20% del totale.
Sul piano occupazionale, la presenza straniera si concentra soprattutto nei servizi, in particolare nell’assistenza familiare, con una quota minore attiva in agricoltura e industria.
Uno dei dati più significativi riguarda la scuola: negli ultimi dieci anni, a fronte di un calo complessivo del 17% degli studenti sardi, gli alunni di origine straniera sono aumentati del 17,5%. «I banchi di scuola sono i luoghi dell’integrazione per eccellenza — sottolinea Callia —, perché lì si formano le generazioni, si imparano le regole della convivenza e si costruiscono amicizie che superano le differenze. Oggi molti bambini di origine straniera sono nati in Sardegna e parlano anche le varianti della lingua sarda».
Sul fronte del lavoro autonomo, il Dossier segnala oltre 8mila titolari di imprese individuali straniere nell’isola, soprattutto tra le collettività nordafricane e asiatiche. «Il lavoro autonomo rappresenta un segnale di intraprendenza e capacità di rischio — osserva Callia —. È un fenomeno che racconta di persone che investono nel territorio e che contribuiscono alla sua vitalità economica».
Il rapporto evidenzia infine la necessità di potenziare il Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI), che coinvolge Comuni e terzo settore. «L’accoglienza funziona quando è strutturata e partecipata — conclude Callia —. Le esperienze legate all’emergenza sono temporanee, ma la vera sfida è costruire percorsi di integrazione duraturi».
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