
La famiglia di Martina Lattuca, la donna di 49 anni scomparsa dallo scorso 18 novembre a Cagliari, chiede risposte. In un lungo messaggio pubblicato su Facebook dalla cugina della libraia vengono messi insieme diversi dubbi e incongruenze nelle ricostruzioni finora effettuate. Intanto, le ricerche ufficiali continuano.
«In meno di due ore dal primo allarme è partito un dispiegamento enorme di forze: Vigili del Fuoco, Soccorso Alpino, Guardia Costiera, Guardia di Finanza, Carabinieri. Sono stati impiegati elicotteri con termocamere, droni speciali con rilevatori di volumi, unità cinofile da soccorso, sonar di profondità, sommozzatori specializzati, battelli e squadre di terra. Hanno scandagliato metro per metro la Sella del Diavolo e il mare sottostante. Con una dedizione e un’umanità rare. Glielo dobbiamo dire: grazie. Grazie davvero. Ma Martina non è stata trovata. E dopo appena tre giorni, mentre il nostro crollava, sul resto del mondo è calato un silenzio che fa più male di qualsiasi risposta. E in questo silenzio sono arrivate le ricostruzioni. Le ipotesi. Le versioni “comode”. Quelle che fanno sembrare tutto semplice, già scritto, già chiuso», si legge nella prima parte del messaggio. Ricostruzioni che al momento, secondo la famiglia, non trovano riscontro per diverse cause citate, dalla certezza del passaggio sul sentiero della Sella del Diavolo («quando la telecamera che l’ha ripresa per l’ultima volta non inquadra quel punto»), al ritrovamento dello zaino e delle scarpe praticamente intatte nei giorni successivi alla scomparsa.
«Se ci fosse stato anche un solo indizio credibile per pensare a un gesto volontario, lo avremmo accettato. Non siamo una famiglia che si nasconde dalla verità. Ma la verità, quella vera, non è questa. Appiattirsi sull’ipotesi più comoda non fa giustizia a Martina. E soprattutto non protegge nessuno. Perché oggi è lei. Domani potrebbe essere chiunque. E nessuna città può permettersi un luogo dove le persone svaniscono come in una storia dell’orrore, lasciando dietro di sé solo il rumore del mare, uno zaino e due scarpe pulite. Martina merita la verità», si legge ancora prima dell’appello finale. «Chiediamo a chiunque fosse a Calamosca quella mattina di presentarsi alle Forze dell’Ordine e riferire qualunque dettaglio, anche il più piccolo, perché anche ciò che sembra insignificante potrebbe cambiare tutto. Chiediamo ai media di rompere questo silenzio che fa più chiasso del nostro dolore. Chiediamo alle istituzioni di fare luce sui fatti, tenendo conto di questi indizi e di tutti quelli che si troveranno se verranno cercati. Il tempo per trovare Martina è adesso. Forse Martina potrebbe ancora essere viva. Ma non sulla cima della Sella del Diavolo».
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