
Il mese di dicembre è illuminato dalla bellissima icona della Natività del Signore. In questo soggetto si svolgono simultaneamente tante scene perché nell’icona il tempo è capovolto e vissuto in modo diverso, noi siamo contemporanei di quello che è raffigurato, chi osserva è davanti a quell’evento.
Il paesaggio che fa da sfondo alla scena della Natività è roccioso e brullo, a significare che il Messia è nato in un mondo arido e freddo e quindi ostile. Quello che attrae la nostra attenzione è il nero della grotta che si staglia scura e buia come fosse un inferno dove splende la Luce della salvezza. Dentro la grotta vi è il bambino Gesù, il cui corpo ha le proporzioni di un adulto, ed è avvolto in fasce come se fosse appena nato ma anche morto e sepolto, deposto in una culla-mangiatoia che ha la forma di un sepolcro. Il neonato ha la testa sull’asse verticale individuato dal raggio della stella.
In molto casi nelle icone, lo abbiamo già visto, si fa largo uso dei vangeli apocrifi: all’interno della grotta abbiamo proprio due simboli ricavati dagli apocrifi: il bue e l’asino (alcune volte un cavallo, perché l’asino in Russia era sconosciuto). Secondo gli autori cristiani raffigurano la parola del profeta Isaia: “Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone; Israele invece, non comprende, il mio popolo non ha senno” (Is 1,5) e simboleggiano quindi i Gentili, i pagani chiamati a prendere parte a questo evento festoso di fronte al quale Israele sembra distratto.
La Madre di Dio è molto particolare in questa icona. Distesa a terra su un materasso rosso e prezioso subito dopo il parto sembra quasi assente, distaccata. Lei invita: posate lo sguardo su questo figlio appena nato, posate lo sguardo su Dio!Il suo è proprio l’atteggiamento di chi medita profondamente gli eventi, la storia, come dice Luca nell’Evangelo. In alto il cielo si apre, si squarcia come canteremo nella novena di Natale, e irrompe la potenza dell’Altissimo.
San Giuseppe sembra dormire e non gioire di questa nascita. E’ l’uomo del silenzio e dei sogni. E’ ancora più distaccato di Maria, lui infondo non è il Padre e la sua figura è ben diversa rispetto alla sensibilità occidentale. Davanti a Giuseppe un pastore gobbo. E’ il dubbio che assale Giuseppe:quel bimbo sarà davvero Figlio di Dio? Dio può nascere in tale modo, in tale stato? Sappiamo che il dubbio sarà dissipato e Giuseppe si farà custode attento del Salvatore.
Il tema delle donne che lavano il bambino è tratto dagli apocrifi e simboleggia il gesto più umano e normale che si fa appena nasce un bimbo: lo si lava, si ha cura di lui teneramente! Questo per dire che Gesù è totalmente Dio e totalmente uomo, tutti i nostri gesti quotidiani sono diventati suoi, non era un bimbo diverso! Secondo il Libro armeno dell’infanzia la donna che tiene in braccio il bambino è addirittura Eva la progenitrice, reintegrata nella sua antica dignità per la venuta del Messia.
Incontriamo i pastori con i loro greggi, gli angeli che annunciano, i Magi che arrivano sui loro destrieri seguendo la stella in un’unica grande danza gioiosa. Infine in tutta la scena ricorrono elementi vegetali e animali: alberi e arbusti, pecore e agnelli, talvolta un cane. Tutti hanno lo sguardo rivolto verso l’alto come i pastori. Essi esprimono lo stupore del creato in questo momento prodigioso in cui Dio si è fatto Bambino per la nostra salvezza.
di Simona Manunza
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