L'intervista

L’Arcivescovo Baturi e quel Rosario per la Terra Santa Il racconto dell'Arcivescovo di Cagliari dopo il ritorno da Gerusalemme dove ha incontrato il cardinale Pizzaballa

La recente visita dell’Arcivescovo di Cagliari e Segretario generale della Cei monsignor Giuseppe Baturi in Terra Santa, ha offerto l’occasione per incontrare comunità cristiane provate dalle difficoltà, ma vive di speranza. Di ritorno dal pellegrinaggio, il prelato ha voluto condividere il racconto delle pietre antiche che custodiscono la memoria della fede e delle «pietre vive» che chiedono di non essere dimenticate.  Lo sguardo si apre ora all’appuntamento in programma sabato 11 ottobre nella basilica di Nostra Signora di Bonaria, quando la Diocesi si raccoglierà in preghiera per chiedere il dono della pace insieme a un testimone d’eccezione: il premio Nobel Denis Mukwege.

Il racconto

«È stata una visita – racconta monsignor Baturi ripensando ai giorni trascorsi in Terra Santa – drammatica e bellissima, perché Gerusalemme è città sacra per il cristianesimo, ma anche per l’ebraismo e per l’islam. La cosa che più mi ha colpito è stata la possibilità di vivere una preghiera solidale e fraterna con la Chiesa lì presente e l’incontro con le comunità cristiane». L’arcivescovo descrive gli incontri con i parroci, riuniti in assemblea durante un corso di esercizi spirituali: «Erano sacerdoti dei territori palestinesi e della Galilea, appartenenti a diversi riti: latini, melchiti, maroniti. Abbiamo poi visitato almeno quattro villaggi della Cisgiordania che soffrono in modo particolare, anche a causa di azioni da parte dei coloni o delle autorità israeliane, non sempre rispettose dei diritti». In uno di questi luoghi si conserva un’iscrizione in aramaico del V secolo, «la lingua stessa di Gesù, segno delle radici profonde della nostra fede. È commovente – prosegue – vedere le pietre che raccontano la vicenda di Cristo, la sua passione, morte, risurrezione, ascensione, e poi incontrare le “pietre vive”, cioè le comunità cristiane. Sono accoglienti, solidali anche con persone di altre religioni, ma chiaramente sofferenti. La loro prima richiesta è stata chiara: non dimenticateci. Gli anziani ci hanno detto: abbiate pensiero per noi. È una sofferenza che significa a volte abbandonare le case per l’azione dei coloni, perdere il lavoro, dover ricominciare». Tra le urgenze, spicca quella educativa: «Non vogliono abbandonare l’educazione dei giovani e dei bambini. Le scuole dipendono dal Patriarcato e dagli ordini religiosi, e la comunità sente come priorità la formazione delle nuove generazioni». 

La necessità dei legami

Accanto a questo, emerge il bisogno di legami: «Chiedono di riprendere gemellaggi e pellegrinaggi, per non sentirsi isolati e mantenere rapporti con altre comunità cristiane. Questa richiesta l’ho percepita ancora più urgente degli aiuti umanitari, pure necessari, in termini di cibo, assistenza sanitaria, ricollocazione nel lavoro. La vera urgenza è non spegnere la speranza e restare in relazione con gli altri». L’Arcivescovo sottolinea inoltre i progetti di sostegno già avviati: «Il primo è la collaborazione per l’apertura di un ospedale a Gaza. Ma ci sono molte altre opere che intendiamo portare avanti con il Patriarcato. È forte l’esigenza che la Chiesa sia davvero testimone del Vangelo, senza lasciarsi schierare, ma capace di essere ponte tra comunità diverse e di guardare al futuro». E porta con sé un’immagine potente, ricevuta da un sacerdote di origine giordana: «Vogliamo essere un ponte, ma il ponte deve accettare di essere calpestato. E possiamo farlo perché predichiamo il perdono e l’amore ai nemici». È questo lo sguardo chiesto alle comunità cristiane: «Non limitato alla cronaca, ma radicato nel Vangelo e capace di abbracciare la vocazione della Terra Santa, terra benedetta ma complicatissima». 

Per descrivere Gerusalemme, monsignor Baturi cita un antico detto ebraico: «Quando Dio creò le bellezze ne diede nove a Gerusalemme e una al resto del mondo. Ma quando nacquero i problemi, ne diede nove a Gerusalemme e una al resto del mondo». Una sintesi che racchiude insieme fascino e dolore. Dalla Terra Santa lo sguardo si rivolge a Cagliari, dove sabato 11 ottobre la diocesi vivrà a Bonaria una veglia di preghiera in comunione con papa Leone XIV. «Vogliamo accogliere il suo invito a recitare il rosario con particolare intensità. Pregare non è un surrogato, non è dichiarazione di impotenza: è l’atto più serio e concreto, perché il cambiamento nasce da cuori nuovi, e solo Dio può cambiarli. Perciò il Rosario, recitato ogni giorno personalmente, in famiglia e in comunità, diventa la Da sinistra monsignor Baturi e a fianco il cardinale Pizzaballa in Terra Santa via più vera per costruire la pace».

Maria Luisa Secchi (Articolo pubblicato su Kalaritana Avvenire del 5 ottobre)


Scopri di più da Kalaritana Media

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.