
Un volontario a bordo della barca a vela Migrantes nel Mediterraneo | Foto Fondazione Migrantes
La vera integrazione non può prescindere dalla cura pastorale dei migranti. Un accompagnamento spirituale che non è assimilazione ma accoglienza piena nel rispetto delle singole fedi e peculiarità. A spiegare tutto questo è Enrico Porru, direttore dell‘Ufficio diocesano Migrantes. È imminente, infatti, la presentazione del 33° Rapporto immigrazione Caritas e Migrantes «Popoli in cammino» a Cagliari, il prossimo 17 maggio, organizzata su iniziativa dello stesso Ufficio, in collaborazione con la Caritas diocesana.
«La nostra attenzione prevalente – spiega Porru – è rivolta al cammino di fede delle comunità e all’impegno per accoglierle e integrarle in modo tale che esse possano mantenere una loro specificità, ma non come realtà isolate, bensì dentro una realtà che risulta radicata nell’esistente». Qui si inserisce il percorso rivolto alle singole comunità, soprattutto a quella di origine nigeriana, in sinergia con la parrocchia Santissimo Salvatore di Selargius: «Cerchiamo – spiega Porru – di rispettarne la specificità culturale, ma allo stesso tempo la accompagniamo in un percorso di integrazione fondato e radicato sull’incontro e sul rispetto reciproco». Ancora la cura pastorale rivolta alla comunità rom, «con l’inserimento – continua Porru – in una comunità parrocchiale di alcune giovani che hanno ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana un paio d’anni fa, per rispondere alla loro stessa richiesta». Inoltre, «intendiamo attivare alcuni progetti con diverse realtà territoriali, per esempio Confcooperative, per cercare di favorire un concreto e reale inserimento socio-lavorativo di queste persone».
Tra le prossime iniziative dell’Ufficio c’è la nuova edizione della «Festa dei popoli», in collaborazione con la Caritas diocesana. Un’occasione questa di incontro e di conoscenza reciproca tra le realtà immigrate e la comunità locale. Spazio sarà poi dato alla Giornata mondiale dei migranti e rifugiati, in programma il prossimo settembre, e al Giubileo diocesano dei migranti e delle missioni previsto il prossimo ottobre, esperienza che si realizza in collaborazione con l’Ufficio missionario.
Il fenomeno della mobilità umana è intanto strettamente connesso con quello del cammino, che richiama il Giubileo e il tema dell’ultima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. «Ci si muove – spiega ancora Porru – in un cammino di fede e di speranza. La mobilità umana è il paradigma del cammino personale, ma anche di quello di un’intera comunità che non deve stare ferma ma si muove, e si muove verso il compimento della fede e del raggiungimento ultimo in Cristo». Un cammino ancora più significativo in questo Anno Santo, che vedrà anche l’organizzazione di un Giubileo diocesano dedicato a questi temi: «L’idea – continua il direttore – è quella di incontrarci con l’Ufficio missionario per lavorare con le comunità locali, in un cammino formativo in preparazione al Giubileo sul tema della speranza, che è strettamente correlato con quello della mobilità umana. I migranti sono un grande segno di speranza: loro stessi hanno affrontato situazioni difficili e nonostante tutto hanno mantenuto la loro fede salda, costituendo un esempio per le nostre realtà. Una speranza intesa come un percorso di liberazione: perché, al di là delle singole storie e motivazioni, ciò che accomuna queste persone è l’essersi mosse cercando qualcosa di meglio per se stesse e per i propri familiari».
Maria Chiara Cugusi (Articolo apparso su Kalaritana Avvenire dell’11 maggio)
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