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Meno residenti, più emigrati: la Sardegna e il confronto con lo spopolamento Il lavoro del CREI-Acli, tra il rapporto METE e i progetti per favorire il ritorno nell'isola dei giovani

Un’Isola che rischia di veder estinta la popolazione residente. I numeri Istat continuano a certificare la grande fuga verso altri lidi di giovani e meno giovani, che a centinaia lasciano la Sardegna, dove è difficile trovare lavoro e le carenze di servizi e di opportunità rendono davvero difficile la permanenza nel territorio regionale.

Il rapporto

A confermarlo è anche l’ultimo rapporto Crei-Mete Acli, secondo il quale l’Isola registra importanti cali nel numero di residenti. «La Sardegna – dice Vania Statzu ricercatrice Crei-Acli – continua a perdere popolazione. Da un lato ci sono i numeri della natalità, che indicano molti meno nati rispetto ai morti, dall’altro quelli dell’emigrazione. I sardi continuano a spostarsi verso altre regioni d’Italia o all’estero. In particolare quest’anno oltre Tirreno ci sono 130 mila isolani: praticamente la seconda città della Sardegna, quanto gli abitanti di Quartu e Olbia messe assieme. Una percentuale importante di popolazione che ha deciso di risiedere altrove». Si tratta spesso di giovani: il 12% ha meno di 18 anni, una quota importante. Gli under 15 in Sardegna sono oggi il 9,3% della popolazione, una quota leggermente superiore di giovani sardi che risiede all’estero. Il 70% della popolazione isolana residente all’estero ha tra i 18 e i 64 anni. Un trend di giovani che dunque si allontana dall’Isola. «Questo però non riguarda solo la Sardegna – prosegue Statzu – gli italiani all’estero sono mediamente più giovani di quelli che stanno nella Penisola. Per la Sardegna è un dato rilevante: significa che una quota importante di potenziale forza lavoro non sta vivendo qui e con la sua attività non porta benefici all’Isola».

Il lavoro di CREI-ACLI

Da tempo Acli Sardegna è impegnata in numerosi progetti per invogliare il rientro degli emigrati nel territorio. «Da diversi anni lavoriamo insieme a loro – dice Mauro Carta, presidente regionale Acli – soprattutto nel supporto ad associazioni e circoli sparsi nel mondo. Al tempo stesso abbiamo pensato di attivare un servizio per chi decide di rientrare in Sardegna. Pensiamo alle tante persone interessate non solo a trasferirsi nella nostra Isola, ma anche, ad esempio, ad investire, a creare un’impresa. Da diversi anni abbiamo attivato uno sportello di orientamento, di supporto e di assistenza tecnica. Negli ultimi anni la Regione ha pubblicato alcuni avvisi per incentivare il rientro: il problema è però che molto spesso i bandi hanno durata limitata mentre le persone vorrebbero invece continuità e garanzia nel tempo». Ci sono persone che cercano di rientrare ma sono sempre meno rispetto a quelle che vanno via.

Chi ritorna

«Abbiamo il fenomeno per cui una quota di emigrati italiani che sta fuori decide di provare a rientrare. Un fenomeno – specifica Vania Statzu – chiamato “tornanza”, giovani con competenze elevate che rientrano nelle loro regioni, in particolare nel Sud. Si registra anche un altro fenomeno: quello di chi originario di altre zone decide di andare a vivere al Sud, forse per una migliore qualità della vita e, grazie allo smart working, oggi è possibile». Sullo sfondo resta però la difficoltà dei territori, ad esempio la Sardegna, di riuscire a dare risposte a chi vorrebbe rientrare a casa. Per loro è attivo un programma «Talent in Sardinia», che vuol creare un servizio di assistenza e supporto per i giovani che vogliono creare impresa. È una possibile risposta, che da sola però non basta: occorre un vero e proprio piano complessivo per evitare la continua diaspora, incentivando la permanenza e l’attrattività dell’Isola.

Roberto Comparetti (Articolo apparso su Kalaritana Avvenire del 6 luglio)


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