
Papa Francesco e il cardinale Arrigo Miglio durante la visita a Cagliari il 22 settembre 2013
A più di un decennio dalla visita di papa Francesco a Cagliari e a pochi giorni dalla sua scomparsa, abbiamo incontrato il cardinale Arrigo Miglio, arcivescovo emerito del capoluogo sardo, per ripercorrere i momenti salienti della visita del santo Padre in Sardegna il 22 settembre 2013. Un ricordo vivo, ancora capace di trasmettere emozione, legami profondi e un’eredità spirituale che continua a risuonare.
Eminenza cosa ricorda in particolare di quella storica giornata e cosa è rimasto di quel settembre 2013 per la nostra Chiesa di Cagliari?
Ricordo anzitutto il maggio 2013, quando come vescovi della Sardegna eravamo in visita ad limina a Roma. Visita già programmata per Benedetto XVI e poi rimandata: diventammo una delle prime conferenze episcopali regionali italiane ricevute dal nuovo Papa. Fu un incontro cordialissimo. Dopo, in piazza, ci colse tutti di sorpresa dicendo che aveva deciso di venire a Cagliari, al Santuario della Madonna di Bonaria. Fu la prima visita annunciata, preceduta dal viaggio lampo a Lampedusa, una sorpresa immensa per tutti noi. E da lì nacque un legame con Cagliari che credo sia continuato fino alla fine.
Come andarono i preparativi?
Subito dopo andai a presentarmi come vescovo di Cagliari e lui mi disse alcune cose su come desiderava si svolgesse la visita. I tempi erano brevi: da maggio a settembre. Con lui, a quattr’occhi, concordammo la data. E così fu scelta la domenica 22 settembre.
Quali momenti ritiene più significativi di quella giornata?
Papa Francesco venne a Cagliari, e non fu solo la visita dei grandi eventi. Venne a contatto con diverse realtà della vita della diocesi. Negli anni seguenti scoprimmo che aveva una memoria ferrea: più di una volta mi chiese notizie precise su problemi concreti. Fu una giornata lunga, intensissima nella quale emersero i temi della solidarietà, della pace, dei deboli, ma soprattutto del lavoro e dei lavoratori. Era proprio uno dei temi e degli argomenti sui quali in qualche incontro successivo mi chiedeva notizie, perché era una delle cose che gli era rimasta impressa, soprattutto le vicende legate alle miniere. Dopo dodici anni, quelle parole sono ancora attualissime.
Un altro momento forte fu l’incontro con i giovani
Fu preparato con grande calore dalla Pastorale giovanile. Aveva appena preso in mano questo ambito il compianto don Alberto Pistolesi. L’incontro fu caloroso, il Papa si avvicinò, li salutò, visse un momento fraterno e paterno con loro. Credo che abbia segnato gli anni successivi della Pastorale giovanile. Eravamo reduci dalla Giornata mondiale della gioventù di Rio de Janeiro, e quell’incontro scaldò i motori anche per la successiva a Cracovia.
L’ultima Pasqua del Papa ci ha mostrato un volto fragile ma forte. Come la vive lei?
L’immagine della benedizione dalla loggia dice tutto della sua forza di volontà. Forse ne ha pagato lo scotto, ma non ha mai voluto arrendersi. Si è proprio speso fino all’ultima energia, perché desiderava dedicarsi tutto a questa missione.
di Maria Luisa Secchi
dal numero di Kalaritana Avvenire di domenica 27 aprile
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