Arte e solidarietà

«Orme d’ombra»: il cammino simbolico fa tappa alla Stazione dell’Arte di Ulassai L'iniziativadi «Artemixia» di Torino contro la violenza di genere, arriva nei luoghi di Maria Lai

Domani, mercoledì 22 ottobre, la Stazione dell’Arte di Ulassai accoglierà una nuova tappa del progetto «Orme d’ombra», curato dall’associazione Artemixia di Torino.

L’iniziativa, ideata e guidata dalla presidente Rosalba Castelli, attraversa la Sardegna per promuovere la prevenzione della violenza di genere, ricordando con nastri rossi i nomi delle donne vittime di femminicidio.

Il progetto ha già toccato diverse zone dell’isola — Sulcis Iglesiente, Campidano, Trexenta e parte del Sarrabus — e arriva ora nel paese di Maria Lai, dove l’arte e la memoria collettiva si intrecciano nel segno del dialogo e della partecipazione.

«Ci uniremo simbolicamente – spiega Marco Peri, direttore della Stazione dell’Arte-  a un percorso artistico che trasforma il cammino in un atto di memoria e impegno. Insieme amplifichiamo la sensibilizzazione su un tema così urgente e fondamentale. È un gesto di condivisione che rispecchia la vocazione del museo a farsi spazio di riflessione».

L’appuntamento è fissato per le 9.30 alla Stazione dell’Arte. Nel pomeriggio, alle 16, si terrà un incontro con la popolazione nel piazzale della Casa Museo Cannas, due luoghi simbolo della vita e del lavoro di Maria Lai.

«Arrivare a Ulassai con “Orme d’ombra” dichiara Rosalba Castelli – è per me un momento di grande emozione e di onore profondo. Il mio cammino porta con sé nastri rossi ricamati con i nomi delle donne vittime di femminicidio: ogni passo, ogni torre, ogni incontro è un atto di memoria condivisa».

La presidente di Artemixia ricorda anche le tappe precedenti del progetto: «Il 7 ottobre a Cagliari, insieme al collettivo Non Una di Meno, abbiamo deposto in piazzetta Maria Lai i nastri dedicati a Francesca Deidda, Ignazia Tomatis e Maria Dolores Cannas, tre donne sarde uccise negli ultimi due anni. A Tuvixeddu abbiamo invece ricordato Manuela Murgia, il cui nastro segna il luogo dove fu uccisa».

«Maria Lai – conclude Castelli – ha mostrato che i fili possono legare una comunità, trasformando la fragilità in forza. I nostri nastri, come i suoi fili, nascono da mani che ricamano e da comunità che scelgono di non dimenticare. Sono la voce di una sorellanza attiva, il grido di tutte le donne cui è stato impedito di continuare il proprio cammino».


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