
Foto https://www.comune.cagliari.it/
Il destino del quattordicenne Saturno, che secondo la tradizione agiografica nacque a Calaris (l’attuale Cagliari), nella seconda metà del III secolo da genitori cristiani, è intimamente legato all’evoluzione politica del suo tempo. Dopo che nel 303 Diocleziano avviò la persecuzione contro i cristiani, Saturnino, rifiutatosi di rinnegare la propria fede, venne condannato alla decapitazione, eseguita il 23 novembre 304. Dopo il martirio le spoglie furono traslate in una cripta fuori città, che divenne un segreto luogo di venerazione. Con l’editto di Milano (313), col quale Costantino mise al bando le persecuzioni contro i cristiani, il clima religioso cambia e presto laddove riposava eternamente il martire ragazzo venne eretta una basilica in suo onore. Il fulcro di irradiamento del culto diventa così l’omonima basilica suburbana; è qui che, data la presenza delle spoglie del martire, si origina la pratica delle inumazioni di rappresentanti del clero e della nobiltà; prassi già nota, ma che in età protobizantina si consolida.
Forse perché a lungo considerato, seppur erroneamente, primo vescovo di Cagliari, Saturnino (Sadorru in campidanese) conosce una grande fortuna anche come uso toponimico. Nel corso del Medioevo, nelle aree di influenza del potente ordine di san Vittore di Marsiglia, Sadorru è un toponimo frequente scelto dai monaci per i villaggi di nuova fondazione, soprattutto nei territori di Arixi, Baressa, Cabras, Gesico, Mandas, Monastir, San Nicolò Gerrei, Padria, Seuni e Tramatza.
A testimoniare l’importanza assunta dal culto martirale vi è la diffusione della devozione verso il martire cagliaritano in numerose località dell’isola: a Isili, dove è santo patrono e qui un’associazione promuove da anni la valorizzazione dell’omonimo Cammino, Oristano, anticamente sede di un convento a lui dedicato, Ussana, dove in periferia sorge una chiesa romanica intitolata a San Saturnino, e nel nord dell’isola, nel Goceano, dove l’omonima chiesa è oggi contesa dai comuni di Benetutti e Bultei.
di Luca Lecis
docente di Storia contemporanea
all’Università di Cagliari
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