
La febbre del Nilo Occidentale ha colpito duramente l’Oristanese, con oltre 30 casi confermati che hanno acceso un campanello d’allarme non solo nella sanità, ma nell’intera comunità locale. Si tratta di un virus trasmesso dalle zanzare, che in alcuni casi provoca sintomi lievi, simili a quelli influenzali, ma che in una percentuale più ristretta può portare a gravi complicazioni neurologiche, fino a forme meningitiche o encefalitiche.
A spiegare la situazione è Maria Valentina Marras, direttrice del servizio di igiene pubblica della Asl di Oristano, che ha il compito di coordinare le attività di prevenzione e contenimento. «Noi ormai abbiamo una catena di montaggio per quanto riguarda la West Nile e siamo pronti ad affrontare qualsiasi nuovo caso si presenti», sottolinea, mettendo in luce l’esperienza maturata in questi mesi di lavoro intenso.
Il protocollo sanitario è ben definito: chi si presenta al pronto soccorso con febbre alta, dolori diffusi o segni neurologici viene sottoposto a prelievi inviati ai laboratori specializzati dell’Università di Cagliari.
«Riceviamo i referti nello spazio di 24, al massimo 48 ore», spiega Marras. In base alla gravità, i pazienti vengono ricoverati oppure seguiti a domicilio con terapie sintomatiche. «Ricordiamoci che il 20% della popolazione punta dalla zanzara ha una sintomatologia semi-influenzale, quindi benigna, e solo l’1% ha una sintomatologia grave, di tipo neurologico, meningistico o encefalitico».
Ma accanto all’aspetto clinico c’è l’indagine epidemiologica: ricostruire i luoghi frequentati dai pazienti, individuare le aree in cui potrebbero essere stati punti e prevenire ulteriori contagi.
Il lavoro è possibile grazie a una stretta collaborazione con la sanità ambientale provinciale, che interviene con disinfestazioni mirate.
di Andrea Pala
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