
In queste settimane, ci uniamo al Papa nel sollevare la nostra voce per Gaza, come abbiamo fatto più volte per l’Ucraina. Ma oggi è essenziale fare un passo in più, con maggiore intensità, per altre tragiche realtà che segnano il Medio Oriente e l’Africa. Non possiamo dimenticare Gaza, che quotidianamente porta notizie di morte inaccettabili, come disse papa Francesco, e come ha ribadito domenica scorsa Leone XIV, affinché la comunità internazionale rispetti il diritto umanitario e protegga i civili, fermando punizioni collettive e l’uso indiscriminato della forza.
Nei giorni scorsi, Sua Beatitudine Pier Battista Pizzaballa, Cardinale Patriarca di Gerusalemme per i latini, e Sua Beatitudine Teofilo III, Patriarca di Gerusalemme, hanno visitato Gaza. Le loro parole ci interpellano e ci invitano a riflettere sulla presenza di Cristo anche nei luoghi più devastati dal conflitto.
Card. Pizzaballa ha esordito con una frase forte: «Cristo non è assente da Gaza». In effetti, Cristo è crocifisso nei feriti, sepolto sotto le macerie e presente in ogni atto di misericordia, in ogni candela accesa nell’oscurità, in ogni mano tesa verso chi soffre. In mezzo al disastro, possiamo riconoscere qualcosa di più profondo della distruzione. Il cristiano è colui che, in mezzo alla devastazione, sa guardare questo qualcosa di più profondo. Cristo non è assente da Gaza, ci ricorda il Cardinale, e ci insegna a vedere la dignità dello spirito umano che rifiuta di spegnersi.
Abbiamo incontrato madri che, nonostante tutto, preparano il cibo per gli altri, infermiere che curano con gentilezza, e persone di ogni fede che pregano il Dio che vede e non dimentica mai. Queste parole devono entrare nel nostro cuore, scuotendoci come cristiani, e farci capire che la misericordia di Dio si fa carne in ogni gesto di carità e di speranza.
Tuttavia, accanto a questo sentimento di compassione, non possiamo fare a meno di esprimere il nostro sgomento e rifiuto. È moralmente inaccettabile quanto sta accadendo a Gaza. Le immagini di uomini uccisi mentre sperano di avere un semplice pasto, di bambini uccisi o feriti, sono una vergogna che deve essere fermata. Questo è il motivo per cui il Papa con tutta la Chiesa, continua a lanciare il proprio appello per la pace.
In questo contesto, vogliamo ribadire con forza l’appello del Santo Padre e del Cardinale Pizzaballa: anche Hamas deve liberare tutti gli ostaggi e il governo israeliano deve fermare la violenza sui civili. Senza queste azioni, non ci può essere speranza per una pace duratura.
Guardiamo anche al futuro, alla pace che, quando questa guerra finirà, dovrà nascere. Sarà un lungo viaggio di guarigione e riconciliazione tra il popolo palestinese e quello israeliano, che richiederà sofferenza, ma anche coraggio, speranza cristiana e una grande apertura al perdono. Gaza rappresenta la piccola minoranza che può segnare il cammino di questa riconciliazione.
In questo cammino, la Chiesa cattolica è chiamata a essere testimone di pace, come ricorda il Vangelo: «Beati i pacificatori, perché saranno chiamati figli di Dio». Non dobbiamo amare con le parole, ma con i fatti, come ci insegna San Giovanni. Anche noi, a distanza, possiamo esprimere la nostra solidarietà, impegnandoci in azioni concrete come quelle della Caritas, che in questi giorni ha avviato raccolte di fondi e iniziative di sostegno.
La pace è possibile, ma solo se rispondiamo alla chiamata alla misericordia e alla riconciliazione, con il pane della carità e con il cuore aperto al perdono che solo Cristo può donarci.
+ Giuseppe Baturi
Arcivescovo

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