Si sono tenute questa mattina, 30 ottobre, le celebrazioni per il patrono di Cagliari San Saturnino. Dopo la processione con le reliquie del giovane Santo, partita alle 10 dalla Cattedrale di Cagliari, autorità e fedeli si sono ritrovati all’interno della Basilica paleocristiana dedicata al Martire, dove il vescovo Giuseppe Baturi ha celebrato l’Eucarestia.
Le parole
«È significativo che la città – ha detto Baturi nella sua omelia – abbia come patrono un ragazzo che gli occhi del mondo avrebbero potuto considerare un perdente. Non ha resistito alla forza, ha perduto la vita. Per noi invece è un martire, cioè il testimone di una vita più forte della morte. Il popolo generato dalla risurrezione, che partecipa in forza della fede alla sua novità. Dice San Paolo, per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, affinché come Cristo fu risuscitato dai morti, per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati intimamente uniti a lui, a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza della sua risurrezione. Noi siamo il popolo che cammina nella vita nuova della risurrezione. E San Saturnino è testimone di questa vita nuova, la cui caratteristica fondamentale è questa somiglianza. Una vita spesa a somiglianza della morte e risurrezione di Cristo».
Baturi ha quindi posto al centro della sua omelia i due punti nodali su cui si è sviluppata la celebrazione, quelli della fede e dell’amore. Concetti che hanno potuto essere proiettati anche sull’attualità.
«La vita – ha evidenziato il Vescovo – è felice ed eterna non per la conquista di chi si preoccupa di sé stesso, dei propri interessi e sentimenti, ma per il dono fatto a chi con libertà consuma sé stesso, dentro i limiti inevitabili della propria condizione umana, per amore di Dio e dei fratelli. Non c’è felicità senza un amore disposto al sacrificio, al dono di sé senza condizioni e senza limiti. E di questa testimonianza il mondo oggi ha tanto bisogno, i giovani in particolare. Senza gratuità e rispetto non c’è amore, ma solo il veleno dell’egoismo e della morte, che, come vediamo anche in questi giorni, non risparmia neanche i bambini e i neonati, neanche i propri figli. Una società che vuole eliminare Dio dal cuore della vita prova a non comprendere più l’alfabeto degli affetti e delle relazioni. Dobbiamo essere onesti nel dirci che nelle difficoltà dei giovani ad amare vediamo rispecchiato lo smarrimento degli adulti», ha chiosato il Vescovo.
Una realtà da superare attraverso l’esempio del Santo Patrono cagliaritano.
«Amare significa – ha detto ancora Baturi – affermare la bontà dell’esistenza dell’altro. È sentirsi mobilitati perché questa bontà sia custodita e cammini verso la perfezione. L’amore è volere che l’altro sia felice anche se questa felicità non comprende me. Ed è disponibilità, sacrificio, purché l’altro viva. Per vivere questa gratuità, però, occorre sentirne sentirne la grandezza. E avere una grande speranza, infinita. Non a caso Gesù collega questa gratuità in questo mondo a una vita che non finisce. Perché solo la vita eterna può comporre ogni cosa, può comporre il sacrificio con la gioia. Per amare nella verità occorre una grande speranza. E solo Dio può darci questa speranza. San Saturnino ci insegna la verità dell’amore. La verità di chi dà tutto per ciò che ama. Perché l’amore è gratuità, mai possessività. È dedizione, mai costrizione. Perché nella costrizione manca la libertà. E se non c’è la libertà non è amore. Ci aiuti, il nostro giovane Patrono, a tener desta questa passione e a tradurla in gesti ed esperienze di vita nuova. Quella vita nuova che rende possibile l’amore vero».
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