Terra Santa

In Terra Santa è difficile resistere senza l’arrivo dei pellegrini Il racconto di Rony, titolare di una rivendita nei pressi della Basilica della Natività

Alcuni immagini di una Betlemme deserta; in alto a destra Rony

L’acuirsi della crisi in Medio Oriente sta provocando una vera e propria caduta dell’economia della zona, con gravi ripercussioni sulle attività commerciali dei luoghi santi, come Betlemme, dove non si vedono più pellegrini, dove il commercio è di fatto bloccato e le attività sono ferme.

La totale assenza di stranieri, che quotidianamente affollavano le strette strade della città, determina la fuga di decine di famiglie verso altre zone. Così chi è titolare di un negozio o di una rivendita di souvenir è senza lavoro, perché mancano i pellegrini.

«La situazione è pessima, come sentite e vedete in televisione – dice Rony, titolare di una storica attività a due passi dalla Basilica della Natività. «È una situazione di crisi, con la Terra Santa che vive nel dolore. Non c’è nessuno dentro la basilica: dal 7 ottobre la chiesa è sempre vuota e non c’è nessuno. È una cosa incredibile, non ho mai visto una situazione simile nella mia vita».

Attorno alla chiesa tutto fermo, non c’è nulla, le persone sono rinchiuse. «Il negozio – prosegue Rony – è stato aperto da mio nonno nel 1927 ed ha sempre lavorato. Qualche persona passava di qua anche nel tempo della guerra, ora però non c’è proprio nessuno. Mio padre per 61 anni ha lavorato nel negozio: vuol andare per forza ad aprire ma non ha senso perché non c’è nessuno, solo per la speranza di resistere. Altri negozianti hanno chiuso, non c’è nessuno, è un deserto».

Come andare avanti?

«Siamo già stanchi – evidenzia Rony – abbiamo avuto qualche speranza che la vita tornasse alla normalità, almeno per l’estate, ma è difficile. Non abbiamo mai avuto una situazione del genere e non si può resistere in queste condizioni: 80% delle persone a Betlemme vive di pellegrini e di turismo. Io ho 25 famiglie che lavorano per me, producono souvenir: abbiamo qualche parrocchia italiana che ci sta aiutando per produrre materiale da inviare in Italia, ma ora non c’è nulla, anche perché i voli sono chiusi e non c’è esportazione».

In tutto questo però Rony ha la speranza. «Non posso perderla – dice – perché viviamo in Terra Santa e se anche è una situazione molto pesante per noi, ogni giorno penso di poter lasciare la nostra vita qui: come posso abbadonare il negozio che mio nonno ha aperto nel 1927 vicino al posto dove è nato Gesù? È un luogo storico che non posso lasciare, come hanno invece hanno fatto più di 150 famiglie cristiane, che solo questo anno sono già partite da Betlemme».

Le persone stanno andando via: tanti sono in fuga perché non c’è lavoro, né speranza, né tanto meno sicurezza e in questi giorni la situazione è peggiorata. «Ogni mattina però – specifica Ronicanva – recitiamo il rosario, è l’unica cosa che possiamo fare: pregare».

«Sappiamo anche gli italiani ci sono molto vicini – ricorda – e vogliono che resistiamo. In tanti ci chiamano, perché vogliono farci sentire la loro vicinanza. Questo ci dà forza e speranza: non è una cosa di tipo fisico ma non ci sentiamo soli, c’è gente che pensa per noi, che non dimentica la Terra Santa, il posto dove è nato Gesù. Sanno che siamo i “soldati” della mangiatoia, che resistiamo perché è anche è un posto molto importante per noi e per tutto il mondo: la vostra vicinanza e la vostra preghiera ci danno speranza per resistere».


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